ISRAELE – Sondaggio: più fiducia nell’esercito, meno nei politici Il “rimbalzo” post 7 ottobre diffuso anche nella minoranza araba
Il 7 ottobre 2023 l’esercito israeliano “ha fallito nel suo compito supremo: difendere i civili”. Per questo, ha spiegato di recente il capo delle forze armate Herzi Halevi, è “necessaria un’indagine interna. Per riconoscere gli errori e non commetterli in futuro”. Nonostante il fallimento di cinque mesi fa, la stragrande maggioranza degli ebrei israeliani continua ad avere fiducia in Tsahal. L’86 per cento, secondo l’ultima indagine annuale dell’Israel Democracy Institute (Idi). Una rilevazione condotta in tre fasi – metà 2023, fine 2023 e inizio 2024 – apre a diverse considerazioni sulla società israeliana in uno dei momenti più difficili nella storia del paese.
Oltre alla piena fiducia nell’esercito da parte dei cittadini ebrei, è da notare il significativo aumento di gradimento nel settore arabo per Tsahal. In sette-otto mesi si è passati dal bassissimo 18% al 44% di fine anno. Un aumento, spiegano gli esperti dell’Idi, che “potrebbe essere dovuto al timore di esprimere una posizione critica durante una guerra. Oppure, da un maggior senso di appartenenza alla società israeliana”. Una lettura, quest’ultima, in linea con un altro dato: da giugno a dicembre tra gli arabi d’Israele il gradimento per la Knesset è passato dal 18 al 28%, mentre per la Corte Suprema dal 26 al 53%. Nella minoranza araba (21% della popolazione) “sembra esserci un rafforzamento della fiducia nei processi legislativi e nelle istituzioni democratiche del paese”, sottolineano gli autori dell’indagine.
Per la maggioranza ebraica invece non si può dire lo stesso. I giudizi soprattutto sulla politica sono chiaramente negativi. Il gradimento per il governo di Benjamin Netanyahu era basso già prima del 7 ottobre: a dare fiducia all’esecutivo in quel periodo era stato il 28% degli intervistati. Tre mesi dopo le stragi, il dato è sceso al 23%. Peggio solo il consenso per la Knesset passato nello stesso periodo dal 24 al 19%. “Meno di un quarto dei cittadini si fida dei propri funzionari eletti. Questo dato non sorprende alla luce delle disfunzioni e degli errori delle istituzioni statali all’inizio della guerra”, afferma il presidente dell’Israel Democracy Institute, Yohanan Plesner.
Dall’altra parte la tragedia del 7 ottobre ha rafforzato il senso di appartenenza fra gli israeliani. Alla domanda “preferiresti trasferirti a vivere in un altro paese occidentale o restare a vivere in Israele?”, l’80% dei cittadini ebrei ha chiarito di voler rimanere nello stato ebraico. Un grande salto in avanti rispetto al 70 % di giugno. Altro aumento, quello della percezione della solidarietà interna. In estate, dopo mesi di proteste nazionali sulla riforma della giustizia, gli israeliani avevano dato una piena insufficienza alla solidarietà sociale: 4,4 su una scala da 1 a 10. Nel dopo 7 ottobre il voto si è trasformato in un 7,2. “Il misurato aumento del senso di solidarietà è legato al diffuso impegno nel contesto della guerra e alla portata del volontariato civile. Questo dato è particolarmente incoraggiante”, ha commentato Plesner.
(Nell’immagine, il grafico dell’Israel Democracy Institute sulla fiducia degli ebrei israeliani nelle istituzioni del paese)