7 OTTOBRE – Angelica Calò Livnè: la pozione (non è) magica
Passeggiare su un sentiero, nel bosco di Tal El, tra tappeti infiniti di ciclamini, dono delle grandi piogge degli ultimi mesi. Danzare con le nipotine adornate di veli, foglie e coroncine di fiori per la festa di Purim. Programmare la lezione del nuovo corso a Tel Hai, il seder di Pesach, le feste di fidanzamento, i matrimoni, le vacanze, i traslochi…come se fosse tutto normale, come se non dovesse arrivare un missile da un momento all’altro, come se gli accordi tra le università israeliane e il resto del mondo fossero rispettati e si possa continuare la ricerca scientifica sull’acqua, sul riciclaggio, la medicina e l’educazione. Come se fossimo tutti a casa nostra.
Come prima del 7 ottobre 2023.
Finalmente mi addormento e quando mi sveglio nella testa si sovrappongono mille immagini: siamo in un luogo sconosciuto e non c’è posto per tutti, chiamiamo e nessuno risponde, nessuno ci sente. Quando mi alzo sono più stanca di prima.
La mia amica palestinese Samar, con la quale ci siamo incontrate su Zoom, in un convegno di donne della Cgil, e che ha diretto per anni il centro per donne abusate Lazarus Home aBetania, mi dice «Ti ho visto stanca cara!». E mi racconta che la maggior parte delle donne che arrivavano al Centro provenivano da Gaza. Giungevano a piedi, dopo una fuga interminabile, bruciate in varie parti del corpo, violentate dai membri stessi della loro famiglia. Alcune erano ancora bambine, alcune erano incinte, alcune non sapevano né leggere né scrivere. La Lega delle donne proteggeva il Lazarus Home finché è arrivato Hamas e ha smantellato tutto: bambine di 14 anni sono state date in sposa a uomini di 50-60 anni come terza moglie. Come premio.
Allora io mi chiedo e mi rivolgo alle giovani sudentesse e alle docenti europee, americane, che scendono in piazza a sventolare le bandiere di Hamas e a gridare con la faccia travisata dall’odio, FROM THE RIVER TO THE SEA, boicottaggio e stop al genocidio: «Ma l’avete capito per chi vi state battendo? Siete consce del destino delle donne se veramente Hamas, Isis e i loro compagni di Hezbollah, riuscissero a dominare tutto il Medio Oriente e da qui cominciassero ad espandersi su tutto il Mediterraneo per arrivare fino a voi, mie povere ragazze? Ma se si comportano cosi con le loro figlie come possono avere pietà per il resto delle donne?».
Mi fa male ogni millimetro del corpo. Le mie gambe, le spalle, le braccia reagiscono cosi al senso di impotenza, al trauma, al lutto che stiamo vivendo da mesi. Non mi ha aiutato nulla: punture, fisioterapie, pillole potenti e antidolorifici. Alla fine, disperata, sono arrivata a Ein Ayala, lungo la costa di Haifa, a trovare Or Shemesh (questo è proprio il nome che ha ricevuto alla sua nascita: Luce del Sole). È stata mia allieva a Sasa e ora è tornata dall’Oriente. La sua piccola clinica è come l’antro di un alchimista: grandi contenitori di vetro colmi di foglie, di polveri colorate e misteriose, alcune provengono dalla Cina. «Ti preparerò una pozione, ma la cosa piu importante cara Angelica, è che tu rimanga pura, che il tuo spirito rimanga forte e non si faccia intaccare dal male che imperversa tutto intorno. Che tu rimanga tu, la guerriera della pace che sei sempre stata, tutti noi dobbiamo conservare e curare la nostra anima ferita, solo cosi potremo tornare al nostro equilibrio…».
Come Viktor Fraenkel, come Etty Hillsum, come il mio caro Shlomo Venezia, come coloro che sono tornati e hanno ricominciato da capo mettendo da parte gli abusi, le violenze subite, la fame, la paura, lo sconforto e il dolore per ricominciare la vita con le uniche e potenti forze motrici che ci hanno mantenuto nel corso di cinquemila anni: la fede e l’amore per la vita.
Siamo noi, il popolo d’Israele: nessuno può domare il nostro spirito. Nessuno può spegnere il roveto ardente che alberga nel nostro animo…ci metteranno anche questa volta del tempo, ma alla fine lo capiranno che Am Israel Hai!
Angelica Edna Calò Livnè