ISRAELE – Addio a Kahneman, lo psicologo con il Nobel per l’Economia
A lungo la teoria dell’”Homo oeconomicus” è rimasta in piedi. Per oltre un secolo l’uomo è stato descritto come un essere razionale, in grado di calcolare con competenza ed efficienza le proprie azioni per ottenerne il massimo beneficio. Un’immagine idealizzata del comportamento umano, smantellata negli anni ’70 dallo psicologo Daniel Kahneman e dal suo collega Amos Tversky. I due, membri di spicco della facoltà di psicologia dell’Università Ebraica di Gerusalemme, hanno infranto il mito dell’”Homo oeconomicus”. Le persone in molte situazioni non agiscono in modo razionale, si affidano a delle scorciatoie che le portano a decisioni sbagliate con effetti contrari al loro stesso interesse. «Queste decisioni sbagliate si verificano perché gli esseri umani «sono troppo influenzati dagli eventi recenti», spiegava Kahneman. «In alcune situazioni sono troppo veloci a saltare alle conclusioni. In altre, sono troppo lenti nel cambiarle». Conclusioni che hanno stravolto l’impostazione dell’economia contemporanea, portando Kahneman a vincere il Nobel per l’Economia nel 2002 (l’amico e collega Tversky era scomparso nel 1996). La notizia della morte ieri a 90 anni di Kahneman, ha riportato i riflettori su questa rivoluzione e sulla sua figura.
Nato a Tel Aviv nel 1934, nel corso di un viaggio oltremare della madre da alcuni parenti, era figlio di una coppia di ebrei lituani, stabilitisi a Parigi negli anni Trenta. Parlando della sua vocazione per lo studio del comportamento umano, ritirando il Nobel raccontò: «Non saprò mai se la mia vocazione di psicologo sia stata il risultato della mia precoce esposizione a interessanti pettegolezzi, o se il mio interesse per i pettegolezzi fosse un’indicazione di una vocazione nascente. Come molti altri ebrei, suppongo, sono cresciuto in un mondo che consisteva esclusivamente di persone e parole, e la maggior parte delle parole riguardavano le persone. La natura esisteva a malapena e non ho mai imparato a riconoscere i fiori o ad apprezzare gli animali. Ma le persone di cui mia madre amava parlare con le sue amiche e con mio padre erano affascinanti nella loro complessità. Alcune persone erano migliori di altre, ma le migliori erano tutt’altro che perfette e nessuno era semplicemente cattivo. La maggior parte delle sue storie era toccata dall’ironia, e tutte avevano due o più lati».
Una prospettiva sull’animo umano su cui Khaneman è tornato spesso. Raccontando altri episodi della sua vita, in particolare della sua infanzia a Parigi. Durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo l’occupazione della città da parte della Germania nazista nel 1940, fu costretto a indossare la stella gialla. Una notte del 1941 o del ’42 il piccolo Daniel rimase fuori oltre il coprifuoco delle 18.00 imposto dai nazisti agli ebrei. Era andato a trovare un amico cristiano, ricorderà in una testimonianza. Per tornare a casa rigirò il maglione in modo da nascondere la stella. Sulla strada però fu notato da un soldato delle SS. “Mii fece cenno di avvicinarmi, mi prese in braccio e mi abbracciò. Ero terrorizzato che notasse la stella nel mio maglione. Mi parlava con grande emozione, in tedesco. Quando mi mise a terra, aprì il portafoglio, mi mostrò la foto di un bambino e mi diede dei soldi. Tornai a casa più sicuro che mai che mia madre avesse ragione: le persone erano infinitamente complicate e interessanti”.
Il padre, arrestato nelle retate di massa degli ebrei francesi, riuscì a sfuggire alla deportazione e con la famiglia si spostò nella Francia ancora non occupata. Per mesi vissero nascosti in un pollaio nella città di Cagnes-sur-Mer, vicino Nizza. Poco prima della Liberazione della Francia, il padre, diabetico, morì a causa della mancanza di medicine. Con la fine della seconda guerra mondiale, i Khaneman si spostarono nella futura Israele, dove Daniel a 15 anni fu indirizzato verso la psicologia.
Durante le scuole superiori Kahneman conobbe il famoso biochimico e pensatore Yeshayahu Leibowitz. “Il più grande di tutti”, dirà in diverse interviste. Per seguire le sue lezioni all’Università Ebraica “andai anche con 41 di febbre”. Dopo una laurea a Gerusalemme in psicologia e matematica, e il dottorato alla Berkley, è arrivata la docenza all’Università Ebraica e poi il lavoro con Tversky. “Amos e io abbiamo condiviso la meraviglia di possedere insieme una gallina dalle uova d’oro: una mente comune che era migliore delle nostre menti separate”, ha raccontato Kahneman nel suo testo per il Nobel. In un altro volume, “Thinking”, ha aggiunto: “Il piacere di lavorare insieme ci ha reso eccezionalmente pazienti; è molto più facile tendere alla perfezione quando non ci si annoia mai”.