7 OTTOBRE – A Roma le famiglie degli ostaggi a Gaza: viviamo un dramma senza fine

«Non sappiamo se sono vivi o morti. È una disgrazia inimmaginabile. Una famiglia intera rapita». Trattiene a fatica le lacrime Bezalel Schneider, che, assieme ad altri famigliari di ostaggi, Pagine Ebraiche ha incontrato a Roma. Parla in italiano, con un forte accento ebraico. Scandisce le parole per raccontare ai giornalisti il suo dramma. La tragedia di una nazione.
Il 7 ottobre sua nipote Shiri, 32 anni, il marito Yarden, 34, e i due figli Ariel, 4 anni e il piccolo Kfir di uno «sono stati rapiti da Hamas dal Kibbutz Nir-Oz. Lì i terroristi hanno bruciato la casa di mia sorella Margit e di suo marito Yossi. Uccisi soffocati nelle fiamme. Una storia che ricorda cosa facevano i nazisti», spiega Schneider. Sua moglie è italiana. È venuto spesso, racconta, in vacanza qui. «Ma questa volta sono qui per raccontare il male». Al suo fianco, per raccontare la propria storia, ci sono i parenti di Omri Miran, Agam Berger, Guy Gilboa Dalal, Tamir Nimrodi. Tutti accomunati dallo stesso destino: da oltre sei mesi sono nelle mani di Hamas, ostaggi di cui il destino è appeso a un filo. «Per noi ogni giorno è il 7 ottobre, lo riviviamo in continuazione», afferma tra le lacrime Naama Miran. «Finché i nostri famigliari non torneranno a casa, non saranno liberati, noi continueremo a rimanere nel 7 ottobre».

Daniel Reichel