7 OTTOBRE – Il ministro israeliano Katz: Tregua solo con liberazione ostaggi

La linea del ministro degli Esteri Israel Katz è pacata ma ferma. «Non si possono fare appelli al cessate il fuoco senza chiedere allo stesso tempo la liberazione degli ostaggi». Nella sua visita a Roma, lo sottolinea ai rappresentanti del governo italiano e lo ricorda incontrando i vertici dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e della Comunità ebraica della capitale. Non vuole usare toni aggressivi il ministro, ma preme per spiegare le ragioni d’Israele in questo conflitto. E soprattutto per mettere sotto i riflettori il destino di 136 ostaggi. Al suo fianco, chi in prima persona sa cosa significa avere un famigliare da sei mesi nelle mani di Hamas: i parenti di Omri Miran, Agam Berger, Guy Gilboa Dalal, Tamir Nimrodi, della famiglia Bibas. «Assieme a voi respiriamo con fatica, passiamo notti insonni, preghiamo per il ritorno degli ostaggi e ci tormentiamo con laceranti dilemmi morali ed esistenziali», ha affermato la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni incontrandoli ieri a Roma. Una cerimonia ristretta, alla presenza tra gli altri del rabbino capo Riccardo Di Segni, organizzata dalla Comunità ebraica della città per esprimere a queste famiglie sostegno e solidarietà. «Il vostro dolore, la vostra angoscia, sono il nostro dolore, sono la nostra angoscia», ha confermato il presidente degli ebrei romani, Victor Fadlun. «E anche la vostra speranza è la nostra speranza. La tavola è apparecchiata da sei mesi, per accogliere i vostri cari il giorno in cui torneranno».
Riportare a casa gli ostaggi, spiega Katz nei suoi colloqui, è in cima alla sua agenda. E allo stesso tempo ribadisce la posizione di Gerusalemme sulla guerra: sconfiggere Hamas significa liberare non solo Israele, ma l’intero occidente da una parte della minaccia terroristica. Un messaggio condiviso dalla presidente Ucei Di Segni. «Ci è ben chiaro che la guerra per sradicare la minaccia militare di Hamas e il suo terrorismo va ben oltre ai confini di Israele e riguarda la salvezza dell’occidente come cultura e valori. Va ben oltre al conflitto israelo-palestinese e riguarda un assetto di poteri e minacce mondiali, prime fra tutte l’Iran e l’alleanza con la Russia», ha sottolineato Di Segni. «Ci è ben chiaro che le sofferenze degli ostaggi, delle migliaia di famiglie che hanno perso i loro cari, gli orrori subiti da tutti gli assassinati del 7 ottobre e in questi sei mesi sono racchiuse in un dolore nazionale indelebile. Solo l’unità, le energie e dedizioni con le quali si sono prodigati migliaia di volontari sono un orgoglio nazionale ed ebraico».
(Foto Ucei)