FIRENZE – Zatelli: Memoria viva, l’arte può fare molto
Il Memoriale delle deportazioni di Firenze, inaugurato lo scorso luglio, è la casa del Memoriale degli Italiani che da Auschwitz ha preso la strada del capoluogo toscano nel 2016. Un trasferimento deciso dopo che le autorità polacche sembravano intenzionate a disfarsene per via di alcuni riferimenti ideologici non graditi, figli dell’epoca in cui fu realizzato. Ricordando le parole di Isaia «Darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato», costitutive a Gerusalemme dello Yad Vashem, si è svolto mercoledì a Firenze un seminario promosso dalla professoressa emerita di Ebraico dell’Università locale Ida Zatelli e dalla presidente della Fondazione il Fiore, Maria Giuseppina Caramella.
Il seminario, sostenuto dalla Comunità ebraica fiorentina, ha affrontato la storia e il significato di questo luogo (Ugo Caffaz), la funzione dei memoriali e dei musei nella didattica della Shoah (Silvia Guetta) e la sfida di rigenerare alcuni luoghi di Memoria come auspicato da Alberto Cavaglion in un suo recente saggio, intitolato “Decontaminare le memorie” (add editore).
È stata anche un’occasione per riflettere sulla funzione svolta dal Memoriale degli Italiani, opera d’arte contemporanea con la firma degli architetti Lodovico e Alberico Belgiojoso, del regista Nelo Risi, del pittore Pupino Samonà e del compositore Luigi Nono. «Visitatore», il monito scritto per essa da Primo Levi, «osserva le vestigia di questo campo e medita: da qualunque paese tu venga, tu non sei un estraneo». Fa inoltre «che il tuo viaggio non sia stato inutile, che non sia stata inutile la nostra morte». Per te «e per i tuoi figli le ceneri di Auschwitz valgano di ammonimento: fa che il frutto orrendo dell’odio, di cui hai visto qui le tracce, non dia nuovo seme, né domani né mai».
Nella sua relazione Zatelli ha spiegato come il campo lessicale del ricordo possieda «una ricchezza di valori semantici e concettuali ampiamente diffusi» già nelle antiche fonti dell’ebraismo. Fonti «dalle quali la tradizione ha tratto costante alimento, plasmando in modo significativo l’identità del popolo e sostenendolo durante un lunghissimo e spesso drammatico cammino». Oggi il compito di tramandare e «attualizzare» la Memoria, ha sostenuto la studiosa, spetta non solo agli storici con le loro documentate ricerche, ma anche ad artisti e letterati con forme ed espressioni «che parlano direttamente al cuore e travalicano barriere e confini». Le loro opere, ha affermato Zatelli, «saranno la voce anche di chi non ha potuto parlare, di chi non ha lasciato una testimonianza personale, perché la storia degli uomini lo ha annientato, perché il pudore e il dolore lo hanno sopraffatto». Dando voce al silenzio, il poeta «diventa un profeta».