DAI GIORNALI DI OGGI
Bokertov 15 aprile 2024
Quasi tutti i giornali aprono oggi con approfondimenti e interviste dedicate all’attacco iraniano su Israele, provando a immaginare quali saranno le prossime mosse sia di Gerusalemme che di Teheran. Anche tenendo conto della posizione della Casa Bianca, che si è schierata con forza al fianco di Israele, ma ha annunciato che non parteciperà a eventuali «rappresaglie».
«La risposta è stata davvero impressionante. Gli Emirati hanno mandato un primo avvertimento. I giordani hanno abbattuto missili iraniani. Gli americani e i britannici sono stati molto coinvolti. Questa è una grossa vittoria per Israele e dovrebbe essere la fine», sostiene il politologo Michael Walzer, intervistato dal Corriere della Sera. «Non deve esserci una risposta militare israeliana, perché c’è già una vittoria. Ma non sono sicuro che è quello che pensa Netanyahu».
Il Corriere ascolta anche la scrittrice iraniana anti-regime Azar Nafisi. Secondo l’intellettuale, nessuno in Iran «vuole una guerra contro Israele, non solo perché la maggioranza di noi non ha alcun problema con il popolo israeliano, come vuole far credere il regime», ma perché «gli iraniani e le iraniane hanno già una guerra in corso: quella contro il dittatore Ali Khamenei».
L’ex generale Usa Ben Hodges, interpellato da Repubblica, ritiene che l’Occidente debba ora rafforzare l’Ucraina. «Non sto andando fuori tema. Fa tutto parte di un unico grande problema strategico globale: se l’Ucraina sconfigge la Russia, allora Mosca sarà più debole», afferma Hodges. «Di conseguenza anche l’Iran rimarrà isolato, insieme ai suoi surrogati».
«Condanniamo fermamente l’escalation iraniana con attacchi massicci su Israele l’altra notte», sottolinea il vicesegretario generale della Nato Mircea Geoana alla Stampa. Geoana chiede anche moderazione, «perché il rischio di degenerazione in qualcosa di ancora più significativo è reale».
Guido Crosetto, il ministro della Difesa, dice al Corriere che in caso di una «reazione forte» l’Italia starebbe dalla parte «di tutta la comunità internazionale: non vogliamo una escalation, né giustificare un tipo di attacco che portasse a un punto di non ritorno».
Per il Foglio, nella notte tra sabato e domenica, «si è svelato il vero Iran». In mille pezzi è andato inoltre «il tabù che aveva rispettato per decenni: mai trovarsi occhi negli occhi con Israele, evitare lo scontro frontale con un nemico temibile». In un editoriale il direttore Claudio Cerasa scrive che la nuova guerra «per la libertà» combattuta da Israele «riguarda tutti noi».
«Ci sono immagini che non si accontentano di rimanere nella Storia, la vogliono definire», si legge su Repubblica a proposito dei missili iraniani in volo sopra la Cupola della Roccia. Immagini che «non hanno bisogno di didascalia, perché danno il significato a un istante e lo raccontano per sempre».
C’è preoccupazione per quel che potrebbe accadere nel nord del paese, sottoposto da tempo alla minaccia di Hezbollah. La via d’uscita «è politica, non militare», dichiara il portavoce di Unifil Andrea Tenenti al Giornale. «È importante che la negoziazione ricominci e che si possa tornare presto alla cessazione delle ostilità, a quel periodo di stabilità che il Libano ha vissuto dal 2006 fino al 7 ottobre 2023».
Allerta sicurezza anche in Italia. «Il livello di attenzione è aumentato», spiega il presidente della Comunità ebraica romana Victor Fadlun al Tempo. «Noi, però, continuiamo a osservare gli appuntamenti della vita comunitaria e religiosa. Si tratta di un momento difficile in cui ci dobbiamo aiutare l’uno con l’altro». In quest’ottica, aggiunge Fadlun, «possiamo contare sull’aiuto delle autorità».
In Israele è stato da poco ripubblicato Se questo è un uomo di Primo Levi, con la traduzione dello scrittore Meron Rapoport. Di questi tempi, dopo il 7 ottobre, riproporre la storia «di un uomo precipitato in un campo di sterminio è un atto politico, una presa di posizione» (Libero).