MEMORIA – Il contributo ebraico alla Resistenza
La ricerca del Cdec nelle regioni italiane

Tra le Marche, l’Abruzzo e l’Umbria furono 57 i partigiani ebrei a combattere durante la Seconda guerra mondiale contro i nazifascisti. «In queste regioni l’occupazione nazista durò un anno. Furono segnate, soprattutto l’Abruzzo, dalla costruzione della Linea di difesa tedesca Gustav. Recuperare le storie e i nomi dei partigiani ebrei non è stato semplice, ma con il nostro lavoro siamo andati oltre alle mie aspettative», spiega a Pagine Ebraiche la storica Liliana Picciotto. Il lavoro è il progetto di ricerca della Fondazione Cdec, avviato nel 2022, sul contributo degli ebrei d’Italia alla Resistenza nel periodo 1943-1945. Dopo aver lavorato su Campania, Lazio, Toscana, Emilia-Romagna e Liguria, ora un altro pezzo è stato aggiunto con i nomi di chi nelle Marche, in Abruzzo e in Umbria, rischiò o perse la vita per la Liberazione dell’Italia.
«L’idea dell’intero progetto è quello di restituire agli ebrei un’immagine che non sia solo quella di vittime. Era del resto il progetto iniziale del Cdec e dei suoi giovani fondatori: dare voce ai resistenti ebrei e alle loro storie», sottolinea Picciotto, che presenterà nel pomeriggio l’ultima parte della sua ricerca (diretta sul canale Facebook del Cdec a partire dalle 18.30) I nomi e i documenti recuperati dalla storica e dal suo gruppo di ricerca confluiscono gradualmente nel portale resistentiebrei.cdec.it. Al momento sono 377 i nominativi presenti: 337 uomini e 40 donne.

Il confino nel Centro Italia e la scelta partigiana
Per quanto riguarda Marche, Abruzzo e Umbria, afferma la storica, la peculiarità è la presenza di molti ebrei stranieri, confinati in queste zone per ordine del regime fascista. Assieme a loro confluirono nell’area diverse famiglie dell’ebraismo romano, in particolare dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Una eterogenea rappresentazione del mondo ebraico, da cui sono emersi i profili di partigiani studiati dal Cdec.
«Parliamo di forme di resistenza molto embrionali, mai o poco organizzate, salvo qualche fiume carsico in cui gruppi di persone si riuniscono in bande per lottare contro i nazifascisti», afferma Picciotto. Questo non vuol dire, aggiunge, che manchino episodi di eroismo e soprattutto «che ciascuno di questi partigiani ebrei non debba essere ricordato con orgoglio».

Il sacrificio di Sergio Forti
Tra le tante storie, a quattro il Cdec ha dedicato un approfondimento attraverso un podcast a cura di Bianca Ambrosio. I profili raccontati sono quelli di Sergio Forti, Haim Vito Volterra, Max Federman e Luigi Fleichmann. Forti, ad esempio, era un triestino, tenente del navale, licenziato dall’esercito a seguito delle leggi razziali perché ebreo Dopo l’armistizio, scese verso l’Appennino umbro-marchigiano dove i genitori avevano una casa. «Entrò subito nelle fila partigiane, diventando comandante della Formazione ‘Melis’ nella zona di Norcia. Era un ingegnere navale e meccanico e con i suoi portava avanti soprattutto azioni di sabotaggio contro le forze tedesche». Nell’area di Norcia, spiega Picciotto, Forti e la sua formazione progettarono un’importante deviazione stradale per mettere in difficoltà i nazisti. «Durante l’operazione però il gruppo fu sorpreso dal nemico. Forti scelse di rimanere da solo a contrastare i soldati tedeschi, permettendo così ai suoi compagni di fuggire. Fu catturato, torturato e ucciso. Poi gli fu riconosciuta la Medaglia d’Oro al valore militare alla memoria». Una piccola grande storia da riscoprire, come le altre riportate gradualmente alla luce grazie dal progetto Resistenti ebrei d’Italia.

d.r.