ISRAELE – Tsahal è entrato a Rafah. Disaccordo con Usa gestito «a porte chiuse»

Scovare tunnel e armi di Hamas. Sono i due obiettivi dell’operazione dell’esercito israeliano in corso nell’area orientale di Rafah. Si tratta, ribadiscono gli ufficiali di Tsahal, di un’operazione limitata e per il momento circoscritta alla zona dove si trova il valico con l’Egitto. In ogni caso, avverte il portavoce dell’esercito Daniel Hagari, un’offensiva su più ampia scala a Rafah sarà necessaria, seppur non risolutiva. «Non inganneremo l’opinione pubblica: Anche dopo che ci saremo occupati di Rafah, ci sarà il terrorismo. Hamas si sposterà a nord e si riorganizzerà», ha affermato Hagari, nel corso di un colloquio con il quotidiano Yedioth Ahronoth. «Noi torneremo e opereremo ovunque», ha aggiunto il portavoce militare. Nei piani dell’esercito, presentati al governo israeliano a inizio conflitto, i combattimenti a Gaza dovrebbero durare un anno. Servirà tempo per rimuovere la minaccia di Hamas, ha fatto capire Hagari.
Nel mentre, ci sono da gestire le pressioni degli alleati, in particolare degli Stati Uniti. Per la prima volta Washington ha bloccato un rifornimento di armi a Israele, riportano i media, collegandolo alle prospettive di un’operazione su larga scala a Rafah. L’amministrazione del presidente Joe Biden vuole evitare a tutti i costi una simile eventualità. Teme un disastro umanitario perché a Rafah, oltre agli ultimi quattro battaglioni di Hamas e ai leader del gruppo terroristico, hanno trovato rifugio oltre un milione di civili gazawi.
«Siamo responsabili degli obiettivi di sicurezza di Israele e prestiamo attenzione agli interessi degli Stati Uniti nell’arena», ha spiegato Hagari. Per poi aggiungere, interrogato sul carico di armi bloccato da Washington, che con gli alleati eventuali disaccordi si risolvono «a porte chiuse». Come è accaduto per l’incontro di queste ore tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il capo della Cia William Burns a Gerusalemme. Nessuna dichiarazione pubblica, ma due temi sul tavolo: la questione Rafah e l’accordo per la liberazione degli ostaggi.
Sulle trattative per un’intesa, dopo il rilancio di Hamas di una bozza non condivisa da Israele, tutto è fermo. Le famiglie dei rapiti chiedono al governo di trattare e privilegiare la strada diplomatica. Secondo un sondaggio del quotidiano Maariv, con loro è d’accordo il 56 per cento degli israeliani.

(Nell’immagine il capo delle forze armate Herzi Halevi in un sopralluogo a Gaza)