LETTERATURA – Shavit: «Così giovani, così tanto dolore»
«Nel mio ultimo corso di scrittura, una delle studentesse, credo la più giovane, era molto tranquilla durante le lezioni. Veniva, faceva gli esercizi e scriveva, ma non leggeva mai ad alta voce. Poi, intorno alla quinta o alla sesta lezione, le ho chiesto: «Forse vuoi leggere qualcosa». Lei ha letto una breve poesia. Quando ha finito, l’aula ha smesso di respirare. Aveva descritto il momento in cui la polizia aveva chiamato a casa per informare i suoi genitori dell’impossibilità di identificare il corpo di sua sorella, uccisa al Nova Music Festival. Era troppo martoriato per il riconoscimento. La conferma dell’identità era arrivata attraverso il Dna. Non c’era un addio possibile perché non c’era un corpo da poter seppellire al cimitero.
La mia studentessa ha raccontato tutto nella sua poesia, senza rabbia o vendetta. Non sono parole cariche di dramma e proprio per questo il dramma è come se rimanesse nel lettore.
È stato un momento molto forte per me, per il gruppo e per lei, naturalmente. Esporre il suo dolore in quel modo. Ho pensato quanto Israele sia davvero un posto assurdo in cui vivere. Lei ha poco più di vent’anni, è all’inizio della sua vita adulta, dopo il servizio militare, eppure porta con sé già così tanto dolore e tante domande. Domande che non troveranno mai risposta sul prezzo che paghiamo per vivere in questo posto e sugli errori che i nostri governi commettono da decenni».
Sarai Shavit (testo raccolto da d.r.)
Pubblichiamo la poesia della studentessa Nofar Ben-Ami e una poesia di Sarai Shavit, tradotte da Sarah Kaminski e Maria Teresa Milano.