ISRAELE – «State svilendo il termine genocidio»

«Questa guerra, come tutte le guerre, è terribile per israeliani e palestinesi, e ha avuto un prezzo umano tragico. Ma non è un genocidio». Lo ha ribadito in queste ore ai membri della Corte internazionale di giustizia (Cig) Gilad Noam, funzionario del ministero della Giustizia d’Israele. A lui è stato affidato il primo intervento per difendere lo stato ebraico dal nuovo tentativo del Sudafrica di usare la Corte dell’Aia per intervenire nel conflitto a Gaza. In questo quarto ricorso, Pretoria ha chiesto l’intervento d’urgenza dei giudici per imporre all’esercito israeliano di cessare ogni operazione militare a Rafah.
«Quando diremo basta ai ripetuti tentativi del Sudafrica di sfruttare questo tribunale in modo così vile e cinico?», ha attaccato Noam. Sfruttando la convenzione sul genocidio, Pretoria, sostiene la difesa israeliana, «suggerisce una lettura distorta del diritto internazionale, in base alla quale qualsiasi conflitto può essere portato davanti a questa corte». «E non basta reiterare l’accusa di genocidio perché si tratti di genocidio». Anzi, per i legali di Gerusalemme, l’iniziativa di Pretoria svilisce questo termine e si basa su «circostanze e fatti totalmente avulsi dalla realtà».
Ieri i giudici hanno ascoltato la posizione dei legali del Sudafrica. Tra le accuse a Israele, il presunto blocco degli aiuti umanitari ai civili palestinesi e la chiusura del valico di Kerem Shalom. Una chiusura temporanea, ha replicato Tamar Kaplan Turgeman, legale del ministero degli Esteri israeliano. Nelle ultime 24 ore hanno continuato ad entrare a Gaza aiuti umanitari e carburante, ha sottolineato Kaplan Turgeman. E 330 camion sono passati attraverso il valico di Kerem Shalom. «Non è difficile notare come Israele abbia compiuto ulteriori sforzi per aumentare la fornitura di aiuti umanitari in tutta la Striscia. Il completo disinteresse del Sudafrica per questa realtà e verità è tanto eloquente quanto allarmante», ha fatto notare la legale.
«Uno stato intenzionato a commettere un genocidio non compirebbe gli sforzi umanitari messi in atto da Israele per limitare i danni ai civili», ha aggiunto Noam. «Non ritarderebbe un’operazione militare per settimane e non sacrificherebbe un vantaggio operativo esortando i civili ad evacuare». Un riferimento alle tempistiche per l’intervento a Rafah, dove per evitare il più possibile il coinvolgimento dei civili «non c’è stata un’operazione su larga scala». Però, conclude il rappresentante di Gerusalemme, entrare a Rafah è necessario. Qui Tsahal ha identificato quasi 700 tunnel, dei quali circa 50 sconfinano in Egitto. Una garanzia per i terroristi per potersi rifornire di armi, nascondere gli ostaggi ancora nelle loro mani, far fuggire i loro leader. «Solo eliminando da Rafah il controllo militare di Hamas, Gaza sarà liberata dal regime omicida dei terroristi e la strada verso la prosperità e la pace sarà spianata», ha concluso Noam.
I giudici hanno chiesto a Israele se sia in grado di fornire informazioni «sulle condizioni umanitarie esistenti nelle zone di evacuazione designate» per i civili palestinesi e come intenda garantire un passaggio sicuro in queste zone insieme all’assistenza umanitaria a tutti gli sfollati presenti. Il termine fissato dalla Corte per una risposta a riguardo è sabato sera.
Secondo l’emittente Kan, la decisione della Cig sull’ultimo appello di Pretoria arriverà in pochi giorni. Se dovesse arrivare un ordine per fermare il conflitto, Israele potrebbe non darvi seguito. «Disobbedire all’ordine di fermare la guerra potrebbe complicare ulteriormente la situazione politica di Israele nei confronti di vari Paesi, in particolare di Paesi importanti come la Gran Bretagna e la Germania», sottolinea Ynet. E potrebbe «addirittura indurre questi ultimi a prendere in considerazione la possibilità di imporre un embargo sulle armi».