ISRAELE – Anche l’opposizione respinge richiesta arresto Netanyahu e Gallant

«Accettare la posizione del procuratore capo della Corte penale internazionale sarebbe un crimine storico indelebile». Lo ha affermato il ministro israeliano Benny Gantz, replicando alla richiesta di Karim Khan, procuratore capo della Corte penale internazionale (Cpi), di emettere mandati d’arresto contro il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant. Insieme a Gantz, i due compongono il gabinetto di guerra. Khan ha anche chiesto i mandati d’arresto per i leader di Hamas Yahya Sinwar, Ismail Haniyeh e Mohammed Deif. Una scelta contestata in Israele anche da chi, come Gantz o il leader dell’opposizione Yair Lapid, si è apertamente scontrato in questi mesi con Netanyahu. Questo perché «equiparare i leader di una nazione democratica che difende i propri cittadini a terroristi assetati di sangue rappresenta una sconfitta morale e una distorsione della giustizia», ha sottolineato Gantz. «Lo Stato di Israele ha intrapreso una guerra giusta a seguito di un massacro commesso da un’organizzazione terroristica contro i suoi cittadini».
Intervenendo in queste ore alla riunione del suo partito, il Likud, Netanyahu ha definito la decisione del procuratore Khan «uno scandalo», aggiungendo: «Non arresteranno né me né nessun altro di noi».
Il ministro degli Esteri di Gerusalemme Israel Katz ha definito i mandati di arresto come un «attacco diretto alle vittime delle stragi di Hamas del 7 ottobre e agli ostaggi ancora prigionieri a Gaza». Il capo della diplomazia ha poi ordinato la creazione di una commissione speciale per studiare le risposte all’iniziativa dei magistrati dell’Aia.
I capi d’imputazione enunciati dal magistrato britannico contro i leader israeliani sono invece «di voler affamare i civili come metodo di guerra», «di compiere intenzionalmente attacchi contro la popolazione civile», di «sterminio e crimini contro l’umanità».
I leader di Hamas sono invece «penalmente responsabili», ha affermato Khan, per l’uccisione di centinaia di civili israeliani il 7 ottobre e per il rapimento di almeno 245 ostaggi. Come parte delle indagini, sono stati intervistati i sopravvissuti alle atrocità di Hamas, compresi gli ex ostaggi, e i testimoni oculari di alcuni kibbutz e del festival musicale di Re’im. Luoghi in cui, ha elencato Khan, sono stati compiuti crimini come «sterminio, omicidio, rapimento di ostaggi, stupro e altri atti di violenza sessuale e tortura».
Ora spetta alla Corte penale internazionale decidere se confermare la richiesta del suo procuratore capo. Israele non riconosce la giurisdizione della Cpi, non avendo ratificato, assieme agli Stati Uniti, il suo trattato istitutivo (lo statuto di Roma). La Corte sostiene però di avere giurisdizione nei territori palestinesi sulla base della ratifica del suo statuto da parte dell’Autorità nazionale palestinese. Se i giudici dell’Aia – dove ha sede anche la Corte internazionale di giustizia – dovessero approvare i mandati di arresto, per Netanyahu e Gallant viaggiare all’estero diventerà complicato. Rischiano l’arresto nei 124 paesi, tra cui l’Italia, che riconoscono la Corte penale internazionale, unico tribunale internazionale ad avere il potere di perseguire individui accusati di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità. La Cpi non dispone di forze di polizia e si affida ai suoi membri per gli arresti. Un imputato arrestato viene trasferito all’Aia per comparire davanti al tribunale, mentre non sono possibili i processi in contumacia.
Anche il Forum delle famiglie degli ostaggi – sono ancora 128 i rapiti nelle mani di Hamas – ha contestato l’iniziativa del procuratore capo della Cpi. «Rifiutiamo ogni paragone dei leader d’Israele con i terroristi di Hamas», ha sottolineato il Forum, che da mesi chiede al suo governo di fare di più per liberare i propri cari. «Il modo per dimostrare al mondo che le due cose non sono equiparabili è quello di avviare immediatamente un negoziato per il rilascio degli ostaggi».