7 OTTOBRE – Angelica Calò Livnè: Perché non abbiamo più paura
Mi capita spesso in questi giorni di pensare che negli anni Trenta, quando furono pubblicate le leggi razziali, i miei nonni avevano l’età dei miei figli oggi. Ho immaginato spesso mio nonno Cesare trentenne, che gira per i villaggi delle Marche mentre stringe la manina di mia madre di sette anni, alla quale ha intimato di non rivelare mai di essere ebrea, per barattare stoffe e fili da ricamo del suo negozio di via Palestro, con qualche uovo o una pagnotta. O nonno Anselmo, quarantenne, che il 16 ottobre del 1943 carica la moglie, mia nonna Angelica e tre figli adolescenti, su un carretto per andare in cerca di un posto dove fuggire, dove nascondersi, per essere accolti in un convento o in qualche cascina. Trascorsero lunghi mesi di fame, di freddo, di odore di fieno, di chicchi di grano bruciati in qualche campo dove erano passati subito dopo la mietitura e mangiati con gusto insieme a qualche goccia di latte appena munto, prima di tornare nelle loro case romane a via della Reginella e su Ponte Sisto. Come tutti gli altri ebrei d’Europa, i miei nonni furono colti di sorpresa dall’ascesa e dal dilagare di un odio viscerale e irrazionale che devastò la loro vita. I trentenni e i quarantenni d’Israele non fuggono, non si nascondono. Non più. Sono ancora pochi contro tanti, contro tantissimi. Si chiedono ancora “perché” ma non aspettano la risposta, combattono. Combattono sul campo, combattono per mantenere la democrazia e lo spirito di questo Paese, combattono per mantenere le loro famiglie in uno dei periodi più difficili della storia d’Israele, dove ogni settimana sale il prezzo del latte, del pane e delle uova. Molti di loro sono lontani dalle loro case da quasi otto mesi, con scuole e asili improvvisati, missili lanciati e attentati non-stop che provengono da tutti i confini del Paese. I miei nonni non si diedero per vinta e al loro ritorno ricominciarono tutto da capo perché così è il nostro spirito. Israele cade e risorge, si alza dalle ceneri e inventa la chiavetta per il computer, l’irrigazione a goccia e l’Iron Dome. Non si arrende alla prepotenza, al potere, al razzismo e all’odio gratuito. Israele combatte e si difende e senza cancellare nessuna pagina continua scrivere la sua storia anche se è stanca, anche se è stufa di raccontare ai suoi bambini ogni anno, nel mese di Adar, che in Persia volevano impiccare tutti gli ebrei e nel mese di Nissan che in Egitto li avevano resi tutti schiavi. Anche se non se ne può più di correre nelle camere blindate quando gli altoparlanti gridano “Zeva Adom!” (Colore rosso!) o quando il suono delle sirene ti perfora il cuore e ti confonde l’anima. No, non vogliamo la guerra, non l’abbiamo mai voluta, ma il mondo deve capire che non abbiamo più paura né delle bugie che vengono diffuse su di noi né delle minacce e della violenza che imperversa nelle università, sugli schermi, nei social e nei discorsi al bar. Dicono che abbiamo l’esercito più forte del mondo… è vero, perché è un esercito animato dalla forza della disperazione, dalla consapevolezza che la storia si ripete scelleratamente, che l’umanità si rifiuta di imparare. Quindi non abbiamo altra scelta e come disse Herbert Pagani parafrasando Cartesio: «Mi difendo quindi sono!».
Angelica Edna Calò Livnè