DOCUMENTARIO – Un’alleanza poco kasher ma efficace
A un primo sguardo il filmato d’epoca in bianco e nero sembra possa aggiungere poco a quanto già conosciamo: un teatro affollato, braccia tese che si alzano all’unisono, giovani uomini e donne in uniforme nazista che marciano sincronizzati. Se facciamo attenzione, però, i simboli non sono solo quelli nazisti: fra le bandiere americane e scudi con le svastiche un ritratto gigante di George Washington veglia sul pubblico dal palco. Non stiamo parlando di The Man In The High Castle, la serie ucronica ispirata alla Svastica sul sole di Philip Dick. Si tratta invece del filmato di un evento accaduto a febbraio di 85 anni fa a New York, riscoperto dal documentarista Marshall Curry e montato in A Night at the Garden, un cortometraggio presentato agli Academy Awards in una delle ultime edizioni e ora visibile in rete.
È il 20 febbraio del 1939 e Fritz Julius Kuhn, capo del movimento nazista statunitense German-American Bund German, è riuscito ottenere la protezione della polizia per l’organizzazione di un convegno al Madison Square Garden. All’interno, 20.000 nazisti americani inneggiano a Hitler e assistono a discorsi contro gli ebrei. Fuori, le proteste dell’America democratica. Per prevenire gli scontri, il sindaco La Guardia ha schierato 1.700 poliziotti in uniforme all’esterno del teatro, 600 agenti in borghese all’interno e 35 vigili del fuoco armati di idrante antisommossa.
È ormai da tempo che Kuhn cerca di diffondere l’ideologia nazista negli Stati Uniti. Isadore “Izzy” Greenbaum ha 26 anni ed è un assistente idraulico ebreo che riesce a intrufolarsi nel sorvegliatissimo teatro. Poi, proprio mentre Kuhn sta procedendo nel suo discorso, irrompe sul palco eludendo la vigilanza, armeggia con i cavi per far cadere il microfono e urla “Abbasso Hitler!”. In un attimo i nazisti gli sono addosso per pestarlo e viene salvato dalla polizia, che lo arresta. Ne esce fra l’ilarità del pubblico con un naso rotto, qualche contusione e i pantaloni calati. Quando il giorno dopo viene condotto in tribunale, per essere processato, viene considerato un eroe e l’aula è gremita di ammiratori che vogliono pagargli la cauzione. I titoli dei giornali, che nelle intenzioni di Kuhn avrebbero dovuto dare ampio spazio alle idee del movimento, sono centrati invece sul gesto coraggioso del giovane ebreo. E quando Izzy rientra a casa, la moglie gli chiede chi sia quel Meyer Lansky che ha inviato un gigantesco cesto regalo. Non sa che è un gangster e che ha avuto un ruolo cruciale nella lotta ai nazisti a New York.
L’evento del Madison Square Garden segna un momento fondamentale del declino del German-American Bund, ma è solo una delle battaglie finali iniziate qualche anno prima.
Il libro di Michael Benson Gangsters VS Nazis. How Jewish mobsters battled Nazis in wartime America (Gangsters contro nazisti. Come i mafiosi ebrei combatterono i nazisti in America ai tempi della guerra) non è stato pubblicato in Italia, ma è reperibile in inglese sulle librerie on line in versione cartacea e per Kindle.
Racconta, a volte con ricostruzioni un po’ romanzate, la storia di quegli ebrei di diversa estrazione che hanno lottato per impedire la diffusione del nazismo negli Stati Uniti.
Durante la Grande Depressione gli americani di origine tedesca erano dodici milioni. Nel 1933 solo lo 0,2% di loro aderiva al Bund, ma gli aderenti erano molto attivi nella propaganda, che giungeva anche all’organizzazione di campeggi per ragazzi in cui i giovani cittadini venivano indottrinati e addestrati nella boxe e nell’uso delle armi.
Il giornalista di inchiesta John Metcalfe, che era riuscito a infiltrarsi nell’organizzazione, dichiarò a una commissione governativa che i sostenitori di Hitler erano diventati, presumibilmente, mezzo milione. Circolavano piani non solo per reperire armi, ma addirittura per addestrare piloti e fondare una forza aerea.
I nazisti americani erano parte di un più vasto fenomeno antisemita: un americano su dieci, secondo un sondaggio della rivista Fortune negli anni ’30, era favorevole alla deportazione degli ebrei.
Nel 1933 erano più di 100 i gruppi apertamente antisemiti diffusi negli Stati Uniti. E se i vertici comunitari tacevano nel timore di un’escalation, qualcun altro aveva deciso che era indispensabile opporsi alla diffusione dell’ideologia nazista.
Nathan Perlman, un magistrato di New York nato in Polonia, era frustrato dall’impossibilità di agire nell’ambito della legge. Aveva così deciso che era arrivato il momento di “dare una lezione” ai nazisti ed era necessario chiedere la collaborazione dei gangster ebrei presenti nelle diverse zone degli Stati Uniti. Proprio per questo, a New York, insieme al rabbino Stephen Wise aveva interpellato la persona più adatta: fin da piccolo Meyer Lansky aveva imparato che gli ebrei non dovevano più essere bersagli facili come in Europa.
Unico limite imposto dal giudice e accettato a malincuore dal convocato: niente morti. Per il resto, un uso dissuasivo della forza era caldamente incoraggiato. Sembra, nella ricostruzione di Benson, che Lansky abbia rifiutato qualsiasi compenso per il compito da svolgere e abbia fatto a Perlman una sola richiesta: nessuna pubblicità superflua sulla stampa ebraica. Spesso le consorti dei malviventi ebrei non sapevano nulla delle attività illegali dei mariti e non voleva che l’attuazione del progetto mettesse in imbarazzo la moglie.
Il 20 aprile del 1938, una formazione di 15 gangster, divisi in tre squadre, fece irruzione da tre diverse posizioni nel Casino del quartiere tedesco di Yorkville e attaccò i nazisti presenti per il comizio, seminando il panico e mettendoli in fuga.
Quella di Yorkville è solo una delle tante operazioni raccontate da Benson nel libro, condotte in tutti gli Stati Uniti da personaggi come Bugsy Siegel e Mickey Cohen sulla costa ovest, Longie Zwillman e Nat Arno a Newark e molti altri negli Stati Uniti di 90 anni fa.
Simone Tedeschi