ISRAELE – Tsahal conclude missione a Jabaliya, recuperate salme di 7 ostaggi

L’11 maggio l’esercito israeliano è tornato nel campo profughi di Jabaliya, nel nord della Striscia di Gaza. L’operazione è stata avviata per fermare il tentativo di Hamas di ristabilirsi nell’area e per recuperare i corpi di sette ostaggi rapiti il 7 ottobre. A tre settimane di distanza, Tsahal ha annunciato il completamento della missione. Lungo l’elenco citato dai portavoce militari dei risultati ottenuti: l’eliminazione di 500 terroristi, la distruzione di oltre dieci chilometri di tunnel e di siti di produzione di razzi, il sequestro di centinaia di armi e munizioni e il recupero delle sette salme. Obiettivi centrati nel corso di intensi combattimenti. Se a Khan Yunis, altro luogo caldo della guerra, in una settimana Tsahal ha registrato un centinaio di scontri con Hamas, nei primi sette giorni a Jabaliya sono stati 341. Dimostrazione, spiegano gli analisti, di come i terroristi nel corso degli anni abbiano costruito a Gaza una complessa infrastruttura. «Hamas ha trasformato l’area civile in un recinto di combattimento fortificato, ha sparato verso le truppe da aree protette e scuole e ha costruito una rete terroristica sotterranea all’interno di edifici civili», ha reso noto l’esercito. A Jabaliya per il momento la missione è conclusa, ma, fanno sapere gli ufficiali, per eliminare completamente la minaccia ci vorranno anni.
Intanto le manovre militari proseguono a sud, nella zona di Rafah. Per la prima volta i soldati si sono mossi nel centro della città al confine con l’Egitto. Qui l’offensiva è stata descritta dal comando militare come «precisa» e «basata sull’intelligence». Un sergente dell’unità di ricognizione della Brigata Givati, il ventenne Yehonatan Elias, è rimasto ucciso nel corso dei combattimenti a Rafah, portando a 294 il bilancio dei soldati caduti dall’inizio dell’operazione via terra a Gaza.
Operazione che Israele non ha intenzione di fermare prima di ottenere da Hamas un accordo per il rilascio degli ostaggi. «Non ci sarà alcun cessate il fuoco o pausa nei combattimenti che non sia parte di un accordo per la liberazione degli ostaggi», ha chiarito a ynet un membro della squadra israeliana che si occupa dei negoziati. Una replica alle dichiarazioni di Hamas, che vorrebbe ottenere prima un cessate il fuoco per poi sedersi al tavolo delle trattative.
Il tema dei negoziati ha aperto anche un nuovo scontro interno in Israele. Secondo l’emittente N12, il consigliere per la sicurezza nazionale Tzachi Hanegbi si è scontrato ieri con alcune famiglie degli ostaggi. Nel corso di un incontro a Tel Aviv, Hanegbi avrebbe detto ai parenti: «Non credo che questo governo riuscirà a portare a termine l’accordo». L’esecutivo guidato dal premier Benjamin Netanyahu, ha aggiunto, «non prenderà la decisione di fermare la guerra per restituire tutti gli ostaggi. Dobbiamo continuare a combattere, in modo che non ci sia un 7 ottobre nemmeno nell’ottobre del 2027». «Quindi siamo perduti?», avrebbe chiesto uno dei famigliari dei 125 ostaggi ancora in mano a Hamas.