TURISMO – Maldive: no ai turisti israeliani
Domenica il ministero degli Esteri ha consigliato agli israeliani – compresi quelli con altri passaporti – di evitare di recarsi alle Maldive, dopo che la nazione insulare ha annunciato il divieto di ingresso per i possessori di passaporto israeliano. Israele ha anche raccomandato ai cittadini di evitare la partenza, poiché sarebbe difficile assisterli se dovessero trovarsi in pericolo. «Si raccomanda ai cittadini israeliani che si trovano già nel Paese di prendere in considerazione la possibilità di lasciare il Paese, perché, se dovessero trovarsi in difficoltà per qualsiasi motivo, sarebbe difficile per noi assisterli», si legge nella nota del ministero degli Esteri.
La minuscola repubblica islamica, composta da oltre 1.000 isolotti corallini, è nota per le sue spiagge isolate di sabbia bianca e le lagune turchesi poco profonde. Quasi 11.000 israeliani hanno visitato la destinazione delle vacanze di lusso lo scorso anno, rappresentando solo lo 0,6% degli arrivi turistici totali alle Maldive. Il presidente Mohamed Muizzu «ha deciso di imporre un divieto sui passaporti israeliani», ha dichiarato un portavoce del suo ufficio, senza fornire dettagli su quando la nuova legge entrerà in vigore. Ha anche annunciato una campagna di raccolta fondi a livello nazionale chiamata «Maldive in solidarietà con la Palestina». A dicembre, Israele ha lanciato un avvertimento agli israeliani di non visitare le Maldive, citando il crescente sentimento anti-israeliano legato alla guerra con Hamas. L’avvertimento è arrivato «a causa dell’accresciuta atmosfera anti-Israele, compresi i commenti pubblici dei funzionari». Israele non ha relazioni diplomatiche con la nazione a maggioranza musulmana da quando sono state sospese nel 1974. Tuttavia, agli israeliani è stato permesso di visitare il Paese, famoso per le sue spiagge bianche e il mare cristallino, da quando le Maldive hanno revocato un precedente divieto ai turisti israeliani all’inizio degli anni ’90 e si sono mosse per ripristinare le relazioni nel 2010, anche se lo sforzo diplomatico è stato abbandonato nel 2014.
Sabbia bianca e jihad
Le Maldive, sorprendentemente, sono la nazione non araba che, in rapporto alla popolazione, ha fornito il maggior numero di jihadisti che hanno aderito ad Al Qaeda, allo Stato islamico o al Fronte Al Nusra. Con una popolazione di 350.000 persone, sono almeno 500 i jihadisti maldiviani che si sono recati nel “Siraq”. Fatti ostinatamente negati dal governo di Malé in un paese nel quale l’Arabia Saudita finanzia moschee e scuole coraniche; e dove si è diffuso l’estremismo. Dopo lo spaventoso tsunami del 2004 arrivarono nelle Maldive diverse onlus islamiche finanziate da alcuni Paesi del Golfo Persico. Due in particolare, Idara Khidmat-e-Khalq e Jamaat ud-Dawa (JUD, il gruppo di chiamata), finirono nella lista del Dipartimento di Stato americano perché contigue al gruppo Lashkar-e Taiba o “Esercito dei giusti”, tra i più temuti gruppi terroristici in Asia meridionale. Così l’estremismo islamico di matrice “Jama’at Tabligh” e legato alle correnti di pensiero “deobandi” e “wahhabi” si fece strada tra i disperati e tra gli sfollati delle Maldive. Tra questi sono emersi alcuni predicatori estremisti come lo sceicco Ibrahim Fareed o lo sceicco Adam Shameem, che ha studiato “Jamia Salafiyya” in Pakistan, alla Medina Islamic University in Arabia Saudita e ha conseguito un Master in “Islamic Revealed Knowledge and Heritage” presso l’International Islamic University in Malaysia. A causa loro l’islam maldiviano ha deragliato e sono iniziate le violenze contro le donne sorprese senza il velo nei luoghi pubblici, contro la comunità sufi e i giornalisti. Sebbene i resort turistici non siano mai stati colpiti da attentati, la Cia ha di recente informato il governo maldiviano su alcuni dialoghi definiti “preoccupanti” e delle conversazioni intercettate nell’area, nelle quali si faceva riferimento ad azioni da compiere contro “gli infedeli”. Per i terroristi, l’occasione di attaccare l’ultimo paradiso rimasto ai turisti occidentali potrebbe diventare, prima o poi, una tentazione irresistibile.
Stefano Piazza