ISRAELE – Ambasciatore S.Sede invoca “guarigione nel dialogo”

Tra pochi mesi Raphael Schutz terminerà il suo incarico di ambasciatore israeliano presso la Santa Sede. «Sin dall’inizio della mia missione nel 2021 ho creduto che ci fosse un vasto potenziale per approfondire e diversificare le nostre relazioni» è la convinzione espressa dal diplomatico durante una cerimonia organizzata al Museo ebraico di Roma per i 76 anni dello Stato d’Israele. Speranza non sempre concretizzatasi come nei suoi auspici auspicato perché non è un segreto «che dopo il 7 ottobre, in alcuni momenti, Israele e la Santa Sede non abbiano visto allo stesso modo la stessa realtà in Medio Oriente». Non a caso il Vaticano con le sue varie emanazioni è stato spesso oggetto delle rimostranze del diplomatico, con contestazioni rivolte sia agli ambienti più vicini al Papa che ai rappresentanti della Chiesa in Medio Oriente.
In prima fila, ad ascoltarlo, c’era tra gli altri il segretario per i rapporti con gli Stati e le organizzazioni internazionali del Vaticano, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher. Anche a lui si è rivolto Schutz, non nascondendo i problemi sotto al tappeto ma al tempo stesso proclamandosi convinto dell’importanza «di promuovere la cooperazione» nel segno dei valori incarnati da encicliche come Laudato si’ e Fratelli tutti e del concetto «perfettamente corrispondente» del Tikkun Olam, la riparazione del mondo. «A meno di tre mesi dalla conclusione del mio mandato e all’inizio della pensione, mi sembra che nel breve periodo sia necessario un processo di guarigione e, prima di andare avanti, potrebbe essere necessario discutere alcune nozioni di base», ha suggerito Schutz. In tal senso sarà forse il 60esimo anniversario della dichiarazione Nostra Aetate, il prossimo anno, a «servirci come quadro concettuale per questo processo».
A detta del rappresentante vaticano, nella prospettiva della Chiesa il diritto di Israele a esistere «non è in discussione» e la volontà è quella di proseguire nelle relazioni diplomatiche «con la stessa determinazione». Gallagher ha rinnovato «la condanna di quanto accaduto il 7 ottobre, perché il terrorismo non è mai la soluzione» e la vicinanza del Papa «alle famiglie degli ostaggi, che ha incontrato individualmente e in gruppi». Tre le richieste di Bergoglio sul conflitto a Gaza, ha proseguito l’arcivescovo: cessate il fuoco, rilascio degli ostaggi, consegna degli aiuti umanitari. «La nostra neutralità non è indifferenza, le nostre porte non sono chiuse a nessuno».
L’evento è proseguito con l’esecuzione di alcuni brani della tradizione musicale ebraica sotto la guida del direttore del coro del Tempio Maggiore di Roma, Claudio Di Segni.