MAREK HALTER – Da Camus a Primo Levi, oggi mancano i profeti
«Quest’epoca storica ha un problema tra tanti: è carente di profeti».
Marek Halter è uno degli intellettuali più influenti d’Europa. Nato a Varsavia nel 1936, fuggì con i suoi genitori dall’orrore del ghetto nazista impiantato sulle rive della Vistola e dopo una serie di peripezie approdò a Kokand, nell’allora Repubblica socialista sovietica dell’Uzbekistan, dove restò fino alla fine della guerra. Dal 1950 la sua patria è Parigi. Da lì osserva oggi «un’Europa fragile: lo abbiamo già riscontrato con l’incapacità di proporre soluzioni concrete dopo l’attacco russo all’Ucraina e lo stiamo vedendo di nuovo adesso, con l’assenza di un ruolo e di una visione per il Medio Oriente. Mancano i profeti, i grandi pensatori, le personalità in grado di incidere con il loro carisma. Non credo che emergeranno dalle imminenti elezioni”, dice a Pagine Ebraiche Halter, autore tra gli altri di libri come Il cabalista di Praga, Intrigo a Gerusalemme, Perché sono ebreo.
La democrazia con il suo assetto di valori non basta, denuncia lo scrittore. Perché in fin dei conti «la democrazia è un sistema», ma per nutrirlo «servono le idee di qualità, e certo in circolazione ci sono buoni scrittori e filosofi, ma non ne vedo del calibro di un Albert Camus o di un Primo Levi: loro sì che facevano la differenza». Questo scarto «lo si avverte in modo ancora più nitido» davanti al progressivo affermarsi «dell’unica ideologia oggi in salute nel mondo: l’Islam politico; noi in cambio cosa abbiamo da proporre?», si chiede Halter. Come il nazionalsocialismo al tempo di Hitler, «così l’Islam politico vuole imporre le sue idee con lo sterminio, cancellando lo stato di Israele e colpendo gli ultimi cristiani d’Oriente».
L’appoggio di cui godono le parole d’ordine di Hamas in parti del mondo occidentale sono una quota considerevole del problema, rileva Halter. A suo dire «a livello di retorica siamo tornati agli Anni Trenta, all’antisemitismo veicolato da pubblicazioni come Der Stürmer». C’è stata a monte una sottovalutazione da parte dalle classi dirigenti e delle leadership intellettuali e di pensiero: «Forti come siamo dei nostri ideali illuministi, ci siamo illusi di aver conquistato l’universalismo e risolto pertanto tanti dei problemi che ci affligevano, non accorgendoci invece di quanto alcune idee tribali siano radicate nelle nostre società». Ben pochi, tra quanti dovrebbero, agiscono. Tra quanti non si voltano dall’altra parte e hanno il coraggio di metterci la faccia c’è un amico stretto di Halter, il presidente della conferenza degli imam francesi Hassen Chalghoumi. La sua vita sotto scorta per la lotta senza quartiere al radicalismo islamico è un impegno «da sostenere», un’amicizia da «coltivare» anche in funzione di un «necessario rafforzamento» della fratellanza umana come antidoto al proliferare del pregiudizio, del risentimento, della violenza.
Halter auspica un cambiamento «urgente» per il Medio Oriente, ne parla in termini di ultima chiamata prima di una possibile catastrofe con ricadute globali. «La mia opinione è che Israele debba riconoscere nell’Autorità nazionale palestinese un suo interlocutore a tutti gli effetti. È la sola e unica strada per un compromesso, l’unica soluzione auspicabile per garantire la pace e la stabilità», afferma. Al riguardo il suo pensiero è che sia necessario «riavviare un dialogo Mahmoud Abbas». E se il quasi 90enne Abu Mazen non va bene «perché ha ormai esaurito la sua spinta bisogna avere il coraggio di liberare Marwan Barghouti dal carcere, per via del notevole seguito di cui gode tra i palestinesi: so di dire cose che non a tutti piacciono, ma la pace da sempre la si fa con i nemici». E Israele ne ha tanti. «Ma per fortuna ha anche una gioventù magnifica e vitale, incarnata tra le altre da figure come quella di Eden Golan, la cantante israeliana in lizza all’Eurovision: mi ha fatto una impressione molto forte».
Di Halter è da poco uscito un nuovo libro. Si tratta di una storia d’amore nel Ghetto di Varsavia del quale lo scrittore fu tra i pochi superstiti. Dans tes yeux parla anche ai giovani lettori e racconta «un amore impossibile, in un mondo inaccettabile: gli abitanti del Ghetto sapevano di poter morire da un momento all’altro, ma non rinunciarono a portare avanti la cultura, la vita, i sentimenti; in quel che ho visto e posso testimoniare ritroviamo l’eco tragica di Kafka e Shakespeare, una forza drammatica struggente». La trama si intreccia al Cantico dei Cantici. Per Halter «è il testo d’amore più bello mai scritto; il messaggio è che l’amore sopravvive, affinché nelle tenebre tutti noi possiamo trovare la luce».
Adam Smulevich