EUROPEE – Le prime reazioni del mondo ebraico
Tra risultati attesi ed exploit sorprendenti, le elezioni europee sono il tema del giorno e stanno suscitando reazioni anche all’interno del mondo ebraico.
«Non vediamo l’ora di lavorare con i nuovi membri eletti del Parlamento europeo. Il nostro impegno sarà volto garantire la sicurezza, il benessere e il futuro delle comunità ebraiche in tutta Europa», scrive in una nota lo European Jewish Congress (Ejc), l’organismo di riferimento a livello continentale. In questo senso, indica lo Ejc, «è imperativo affrontare e fermare l’allarmante aumento dell’antisemitismo, promuovendo una società unita contro l’odio e il pregiudizio». Nessun riferimento esplicito, almeno in questo primo commento, all’avanzata dell’ultradestra egemone in Francia e alla ribalta in Germania, oltre che in molti altri Paesi.
A Parigi la presa di coscienza della netta affermazione da parte del Rassemblement National di Marine Le Pen ha portato il presidente francese Emmanuel Macron a sciogliere l’Assemblea nazionale e convocare il voto anticipato per fine giugno. Una mossa «coraggiosa» e animata da «spirito di responsabilità» a detta del filosofo Bernard-Henri Lévy, animatore negli scorsi giorni di un’iniziativa contro l’antisemitismo che ha avuto eco anche fuori dai confini francesi. Nel corso degli anni il Crif, il Consiglio rappresentativo degli ebrei di Francia, ha spesso puntato il dito contro l’estrema destra nelle sue varie declinazioni, da Marine Le Pen a Eric Zemmour. Nel primo commento a caldo dopo il voto, l’attenzione del suo presidente Yonathan Arfi è puntata innanzitutto su un partito populista di sinistra, La France insoumise (LFI) di Jean-Luc Mélenchon, che accusa di aver fatto dell’odio verso gli ebrei la cifra della sua campagna elettorale, molto focalizzata sui fatti di Gaza e sulla condanna senza appello di Israele. L’appello di Arfi al Partito socialista e a ogni altra forza di sinistra è a «rigettare» ogni possibile alleanza con LFI. Mentre sul Rassemblement National servirebbero «chiarimenti» su almeno quattro questioni, sottolinea il presidente del Crif, indicando tra le questioni dirimenti il contrasto all’islamismo, i rapporti con la Russia, le politiche sull’antisemitismo, le posizioni del partito sulla laicità dello Stato.
In Germania un quarto dei voti è andato a forze populiste. Il presidente del Consiglio centrale ebraico tedesco Josef Schuster si è detto «preoccupato», in particolare per il 15,9% conquistato nell’urna da Alternative für Deutschland, partito «con chiari riferimenti a idee estremiste di destra» e con alcuni dei suoi candidati di punta «con legami con regimi dittatoriali». È un’Europa sempre più precaria per i suoi cittadini ebrei, ammoniva alcuni giorni fa il presidente della Conferenza dei rabbini europei Pinchas Goldschmidt in un intervento per Politico intitolato “For Jews voting in Europe, there are no good choices”. Secondo Goldschmidt, gli ebrei sentono «di non poter più fare affidamento sulla presunta incarnazione tradizionale degli ideali della democrazia europea per sostenere la nostra sicurezza o il nostro destino». Nel quadro incerto del presente, «una cosa è chiara: teniamo al futuro dell’Europa e per il nostro posto al suo interno come minoranza, indipendentemente dal nostro voto e dai vincitori».