ISRAELE – Usa premono per tregua, ma Netanyahu rischia crisi di governo

All’indomani delle dimissioni di Benny Gantz e del suo collega Gadi Eizenkot dal gabinetto di guerra e dal governo di unità nazionale, il premier Benjamin Netanyahu valuta le sue opzioni. La sua maggioranza rimane salda (64 seggi su 120), ma l’uscita dei centristi Gantz e Eizenkot, entrambi in passato capi dell’esercito, apre a una nuova fase all’interno della coalizione. I ministri dell’ultradestra nazionalreligiosa Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich chiedono di entrare nel gabinetto di guerra al posto dei due dimissionari. Il loro obiettivo dichiarato è far proseguire l’operazione militare a Gaza e affossare ogni accordo che preveda una tregua in cambio del rilascio degli ostaggi ancora in mano a Hamas.
Intesa invece fortemente caldeggiata dagli Stati Uniti, con il segretario di stato Usa Antony Blinken in missione nell’area per l’ottava volta dal 7 ottobre. Sbarcato al Cairo per un primo colloquio con i mediatori egiziani, Blinken è atteso in Israele, dove incontrerà Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant (rimasto nel gabinetto di guerra assieme al consigliere per gli Affari esteri Ron Dremer). Washington vuole mettere pressione sul governo di Gerusalemme affinché dia il via libera definitivo al piano in tre fasi per un cessate il fuoco.
Dire sì per Netanyahu significa perdere la maggioranza di governo perché Ben Gvir e Smotrich hanno minacciato il proprio ritiro dalla coalizione. L’accordo sugli ostaggi può passare senza di loro in parlamento – le opposizioni vogliono sostenere Netanyahu su questo punto –, ma l’esecutivo avrebbe vita breve. E il premier si troverebbe a indire nuove elezioni in un momento sulla carta sfavorevole. Gantz è dato ampiamente avanti nei sondaggi e, in caso di ritorno alle urne, ha buone chance di diventare il prossimo capo di governo.
Se Netanyahu si gioca il suo futuro sull’intesa, è Hamas a rimanere il principale ostacolo alla sua realizzazione. Washington ha chiesto ai mediatori di Egitto e Qatar di fare pressioni sul gruppo terroristico perché dia una risposta, attesa da oltre una settimana, al piano ideato da Cia e Mossad.
Nel frattempo Washington si muove anche su un’altra strada. Secondo quanto riporta l’americana Nbc News l’amministrazione del presidente Joe Biden sta lavorando su una possibile intesa parallela con Hamas per la liberazione di cinque cittadini statunitensi. Si tratta di Edan Alexander, Sagui Dekel-Chen, Hersh Goldberg-Polin, Omer Neutra e Keith Siegel, tutti rapiti il 7 ottobre. Le fonti di Nbc News non chiariscono cosa Hamas otterrebbe dalla loro liberazione, se non danneggiare ulteriormente i rapporti già tesi tra Washington e Gerusalemme. Per un funzionario israeliano, sentito dall’emittente Kan, la notizia delle trattative parallele è falsa e «senza senso». Positiva invece la reazione di Rachel Goldberg-Polin e Jon Polin, genitori di Hersh Goldberg-Polin. «Accogliamo con favore qualsiasi negoziato che porti al ritorno a casa dei nostri cari prigionieri da oltre otto mesi. Preghiamo che ogni famiglia con ostaggi si riunisca ai propri cari al più presto».