FRANCIA – BHL, Arfi e «la solitudine di ebrei e repubblicani»

«I popoli non sono mai stati unanimemente antisemiti, non è necessario: basta che un partito, con le sue sciarpe tricolori, si sieda nell’Assemblea Nazionale e porti avanti idee razziste e discriminatorie perché il paese imbocchi una discesa pericolosa, un percorso condizionato da un odio sempre più rabbioso, potenzialmente mortale per gli ebrei».

È l’allarme lanciato dal filosofo, giornalista e saggista francese Bernard-Henri Lévy, noto nel suo paese come BHL, intervistato pochi giorni addietro da Etienne Gernelle, dal 2014 direttore del settimanale Le Point. L’occasione, organizzata dal Conseil représentatif des institutions juives de France (CRIF) in occasione dell’uscita dell’ultimo libro di BHL, intitolato Solitude d’Israël e arrivato in libreria a fine marzo: descrive ciò che è successo dopo il 7 ottobre, e gli effetti dello choc e della successiva profonda solitudine provata da israele e da tutto il mondo ebraico. La serata è stata introdotta dal presidente del Crif: Yonathan Arfi ha ricordato come la solitudine sofferta dalla comunità ebraica sia diffusa anche fra tutti i repubblicani francesi, che nelle prossime settimane sono chiamati a una battaglia difficile, in cui la voce ebraica ha un suo ruolo e molto importante. L’inquietudine, ha continuato Arfi, è forte: «L’antisemitismo sta crescendo e siamo tutti presi da una grande angoscia. Dobbiamo essere capaci di riconoscerlo e di dirlo. Siamo in un momento il cui la portata simbolica della parola ‘cittadino’ è grandissima,e noi, in quanto ebrei, abbiamo dei valori a cui siamo affezionati, quegli stessi valori che hanno guidato l’azione del Crif per più di 80 anni». Il Crif, ha ricordato, è stato creato durante il periodo della Resistenza, e porta la responsabilità di essere fedele a quei valori. La prossima campagna elettorale sarà una prova di solidarietà, unità e coraggio, in cui gli ebrei francesi saranno chiamati tutti insieme a trovare una voce che, sottolinea, sarà difficile ma servirà a difendere il destino degli ebrei di Francia nella Repubblica, e così facendo servirà a difendere anche la Repubblica stessa. Gernelle, che ha ricordato come BHL collabori con Le Point da più di trent’anni, da ben prima che lui ne prendesse la direzione, ha iniziato spiegando: «Ho una parola in testa, in questi giorni complicati. È ‘courage’ e non posso dimenticare che Victor Hugo ha scritto ‘In questo momento di panico non ho paura che di coloro che hanno paura’». Una cosa certa, ha poi sottolineato, è che BHL non mostra paura. 

Sollecitato sul concetto di verità, il filosofo ha ricordato di essere uno dei pochi a pensare il presidente della Repubblica Emmanuel Macron abbia avuto ragione a sciogliere il parlamento: «Non è un kamikaze, ci ho molto pensato e ho passato del tempo a ragionarci, credo che abbia constatato un fenomeno storico senza precedenti della storia della Repubblica, il 38,5% all’estrema destra nelle elezioni europee, ha valore comunque, e con questa mossa ha messo questi elettori e attori antisemiti di fronte a una responsabilità chiara. Macron chiede di dichiararsi, di dire se davvero desiderano portare la responsabilità di un simile risentimento, odio, nihilismo…». Il presidente francese sostiene di avere così obbligato ciascuno, in coscienza, ad assumere le proprie responsabilità. Un momento di verità, una radiografia della Francia fatta dalla Francia stessa in cui ognuno singolarmente e come Paese sarà costretto a dichiarare dove si colloca.

Henri Levy si chiede se ci sarà un arco repubblicano di gente ragionevole, che vuole salvare i principi essenziali o se vinceranno i rabbiosi, i propugnatori dell’odio e del risentimento. La Francia riuscirà a restare se stessa? La Repubblica conserverà la propria identità? Saprà guardarsi allo specchio della storia? Si tratta di un momento di verità esistenziale per gli ebrei, per Israele, ma soprattutto per la Francia, che potrebbe essere davvero condannata a lasciare che la propria agenda sia dettata da questi due populismi gemelli che si alimentano l’un l’altro in maniera esponenziale, si rinvigoriscono a vicenda, in quello che il filosofo definisce “un corpo a corpo orribile e malsano, contrario all’anima del Paese”.

Il fatto che “La France insoumise” (letteralmente “La Francia indomita”, movimento politico francese di sinistra radicale) abbia fatto degli ebrei e di Israele l’oggetto praticamente unico della sua campagna ottenendo il 9,9% dei consensi non è una novità ma, secondo BHL, riporta il pensiero all’alba del movimento operaio, all’epoca dell’affaire Dreyfus, 130 anni fa. In una certa sinistra francese, così come per la destra, l’antisemitismo ha radici profonde. «Sono apertamente antisemiti, parlano per riflessi quasi pavloviani, in maniera automatica, hanno assimilato modi di dire e espressioni che riprendono il peggiore antisemitismo. Quale che sia il discorso, quale che sia la domanda viene tirato fuori Israele, e gli ebrei. C’è qualcosa di molto strano, molto profondo, è un nuovo automatismo ideologico: abbiamo in Francia un partito così apertamente antisemita che non si pone più neppure il problema di distinguere antisionismo e antisemitismo. È una delle novità di questa campagna politica, sia di quella appena finita sia di quella che sta per iniziare».