TORINO – Il mondo dopo il 7 ottobre: un incontro dell’Asset

Nella raccolta di saggi Come tutto è cambiato dopo il sette ottobre (ed. Sopher), curata dal docente universitario Francesco Lucrezi, vari autori spiegano come il massacro ordito da Hamas abbia rappresentato uno spartiacque in quasi ogni aspetto della società.
Tra gli ambiti e concetti rideclinati alla luce del 7 ottobre ci sono antisemitismo, democrazia, dialogo ebraico-cristiano, dignità, ebraismo, etica, fede e giustizia. Ma il focus è anche su memoria della Shoah, pace e guerra, psicologia, rapporto tra Israele e diaspora, senso delle Scritture. Quattro degli autori intervenuti nel libro ne parleranno giovedì 20 giugno alle 21, nel corso di una conversazione online organizzata dall’Associazione ex allievi e amici della Comunità ebraica di Torino (Asset). La conversazione sarà moderata dal suo presidente Giulio Disegni, che è anche vicepresidente Ucei. Assieme a Lucrezi e all’editore Pasquale Gnasso porteranno una riflessione nel merito il rabbino Riccardo Di Segni, il demografo Sergio Della Pergola, l’educatrice Angelica Edna Calò Livne e il giurista Emanuele Calò. «Questo libro nasce dal dolore e dallo sgomento», premette Lucrezi nella sua introduzione. «Ma anche dall’imperativo desiderio di reagire, di non cedere passivamente all’avanzare di un mondo di tenebre, che non deve prevalere».
Rav Di Segni, rabbino capo di Roma dal 2001, illustra tra gli altri “come è cambiata” la fede. «Ci sono state riunioni comunitarie ovunque nel mondo con grande partecipazione, c’è la sollecitazione alla preghiera con recitazione di Salmi adatti per l’occasione, si svolgono periodicamente riunioni di preghiera internazionale via zoom», ricostruisce il rav. «Ma per cosa si prega? Per la pace, e questo lo si fa già tre volte al giorno tutti i giorni; per il rilascio degli ostaggi; per coloro che sono caduti, per il conforto delle loro famiglie, ma anche per la sconfitta dei nemici». Questo mentre nella società circostante «sono state organizzate, oltre ad assemblee e manifestazioni di tutti i tipi, anche delle riunioni di preghiera “per la pace”: gli ebrei si sono astenuti dal parteciparvi, in generale perché non partecipano a preghiere di tipo ecumenico; ma in questo caso particolare non condividendo premesse, intenzioni e modalità». Al riguardo il rav aveva già osservato in un editoriale su Repubblica che «è bello vedere moltitudini che si raccolgono a chiedere la pace, che guardano oltre ai termini dei conflitti, ma bisogna vedere se guardare oltre non significa appiattire le differenze e fare tutti uguali». Una “equidistanza” alla base in questi mesi di molte incomprensioni nel Dialogo interreligioso.