SCUOLA – Rita Levi-Montalcini alla Maturità, la nipote Piera: imperfezione motore del mondo

Raccontava Rita Levi-Montalcini che «l’imperfezione ha da sempre consentito continue mutazioni di quel meraviglioso quanto mai imperfetto meccanismo che è il cervello dell’uomo». Un pensiero alla base della sua autobiografia, intitolata non a caso Elogio dell’imperfezione. Pubblicata nel 1987, pochi mesi dopo la vittoria del Premio Nobel per la Medicina, ripercorre gli avvenimenti salienti di una vita consacrata allo studio e alla scienza. Una testimonianza esemplare, tornata d’attualità in queste ore per via della scelta del ministero dell’Istruzione e del Merito di proporne un brano agli esami di maturità al via stamane con la prima prova.
«Un libro essenziale per capire che Nobel non si nasce, ma si diventa. La scelta del ministero è stata azzeccata», sottolinea a Pagine Ebraiche la nipote Piera Levi-Montalcini, anima della Levi-Montalcini Foundation, che in continuità con il lavoro svolto in precedenza dalla Fondazione Levi-Montalcini si prefigge di custodire l’eredità morale e scientifica di «zia Rita», ma anche il retaggio di una famiglia distintasi nell’arte e nell’architettura attraverso in particolare l’opera dei fratelli della scienziata, Gino e Paola. Un patrimonio «meticolosamente conservato» e «sopravvissuto a ben due guerre mondiali e al devastante periodo delle leggi razziali». Primi destinatari sono e saranno proprio giovani, con l’ambizione di diventare sempre più un punto di incontro tra scuola, nuove generazioni e mondo del sapere. «Raccontiamo una storia molto ebraica. L’intento è mostrare come diversi talenti a stretto contatto possano emergere e influenzarsi positivamente a vicenda», prosegue la nipote del Premio Nobel. «La famiglia è d’altronde un perno dell’ebraismo, così come l’amore per lo studio e la ricerca. I settori di applicazione possono essere diversi, ma la matrice è quella».
Piera svela un aneddoto relativo alla scelta del titolo dell’autobiografia. «Mia zia telefonò un giorno a un suo amico, comunicandoglielo in anteprima. L’amico le confidò di non apprezzarlo, non ritenendolo adatto per sintetizzare una vita così ricca di successi. “Ma io non sono un trilobite”, gli rispose zia Rita, ricordandogli che l’imperfezione è vitale: ci dà infatti il modo di osservare il mondo circostante, incuriosirci, procedere nelle scoperte, inventare qualcosa di nuovo». L’imperfezione «è la base da cui partire per costruire futuro».

a.s.