ISRAELE – Grandi manovre a Rafah ma la minaccia viene dal Libano
Dopo aver messo in sicurezza la parte meridionale e orientale di Rafah, l’esercito israeliano sta avanzando nella parte occidentale e settentrionale dell’ultimo bastione di Hamas. Alla Reuters i residenti della città hanno riferito di un significativo aumento nelle manovre di Tsahal nelle ultime 48 ore. E i portavoce militari israeliani riferiscono di diversi scontri ravvicinati con i terroristi. L’obiettivo è mettere sotto controllo l’intera zona per potersi concentrare sulla minaccia nel nord d’Israele. Qui il rischio di una guerra aperta con Hezbollah è sempre più imminente. In queste ore diversi missili anticarro sono stati sparati dai terroristi sciiti, mentre Tsahal ha colpito con i caccia alcune infrastrutture belliche nel sud del Libano. «La maggior parte del nostro governo non vuole davvero entrare in guerra, ma è possibile che questa sia la direzione», ha affermato Orna Mizrahi, ex membro del Consiglio di sicurezza nazionale, in un’intervista alla radio israeliana. Gli Stati Uniti premono per cercare di evitare l’escalation. Una richiesta ribadita anche nell’incontro a Washington tra il segretario di stato americano Antony Blinken e due emissari d’Israele: il consigliere per la sicurezza nazionale Tzachi Hanegbi e il ministro degli Affari strategici Ron Dermer. Blinken ha «sottolineato l’importanza di evitare un’ulteriore escalation in Libano e di raggiungere una risoluzione diplomatica che permetta alle famiglie israeliane e libanesi di tornare alle loro case». Il problema, evidenzia Mizrahi, è che la soluzione diplomatica non sta dando risposte.
Il premier Benjamin Netanyahu ha avvertito che Israele «trasformerà Beirut in una Gaza» in caso di guerra. Ma la potenza di fuoco di Hezbollah è molto superiore a quella di Hamas e rischia di mettere in grave difficoltà lo stato ebraico. Per questo le autorità sta prendendo le contromisure. Il ministro dell’Energia Eli Cohen ha definito con l’esercito un piano per assicurare che l’infrastruttura elettrica del paese sia protetta. Israele, ha chiarito, «reagirà con forza a qualsiasi attacco».
Nel mentre Netanyahu è intervenuto sul futuro di Gaza. Lo ha fatto in un’intervista al sito di notizie americano Punchbowl, parlando della necessità di instaurare nell’enclave «un’amministrazione civile». «Deve essere fatto, e penso che sia meglio farlo con la cooperazione e l’assistenza dei Paesi arabi». Per Netanyahu oltre alla gestione amministrativa a Gaza, dopo la guerra, dovrà essere avviato «una sorta di processo di deradicalizzazione, a partire dalle scuole e dalle moschee, per insegnare a queste persone un futuro diverso da quello dell’annientamento di Israele e dell’uccisione di ogni ebreo sul pianeta». Per la ricostruzione poi della Striscia, il premier individua la comunità internazionale come possibile partner.