MUSEI EBRAICI – Melasecchi: Dal confronto AEJM è emersa una Roma solidale

Promuovere la comunicazione e la cooperazione tra i musei ebraici europei, scambiare conoscenze, sostenersi e fare rete sugli obiettivi ma anche su eventuali problemi comuni, e nel frattempo monitorare il patrimonio materiale e immateriale ebraico in Europa. Sono questi gli obiettivi principali dell’Associazione dei musei ebraici europei (AEJM). Fondata nel 1989, AEJM è anche attiva nella lotta contro l’antisemitismo e la discriminazione, nel sostegno dei valori democratici e nell’opposizione a ogni abuso politico della storia, legando realtà diverse fra loro.
Il tema dell’ultima conferenza annuale, che si è chiusa negli scorsi giorni a Amsterdam, è stato “From Crisis to Creativity: Resilience and Renewal in Jewish Museums”, ossia Dalla crisi alla creatività: resilienza e rinnovamento nei musei ebraici. Due i temi principali, inscindibili: la necessità di affrontare la crisi – perché dal 7 ottobre 2023 molto è cambiato nel lavoro dei musei ebraici, sia intenzionalmente sia in maniera involontaria – e dare un contributo educativo nuovo, anche questo influenzato dall’attacco terroristico di Hamas dello scorso anno e dal successivo scoppio della guerra.
I musei ebraici in tutta Europa hanno dovuto rapportarsi a una nuova contingenza, molto politicizzata, e affrontare nuove sfide: in particolare una crescente ostilità, ma anche richieste sempre maggiori di educazione sull’antisemitismo e sulla Shoah.
Per l’Italia erano presenti il Museo dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara con il suo direttore Amedeo Spagnoletto; il presidente della Fondazione Meis Dario Disegni; e il Museo Ebraico di Roma con la direttrice Olga Melasecchi. «Sono diversi anni che partecipo agli incontri dell’AEJM, ed è sempre un’esperienza importante: non solo perché possiamo confrontarci con colleghi di tutta Europa, ma per l’atmosfera che si crea. Si dibatte di questioni prettamente museali e, come negli scorsi giorni, ci si confronta su problemi di stretta attualità». L’atmosfera è partecipata, collaborativa, e il lavoro sempre interessante: «In un certo senso è come se fosse un corso di aggiornamento ‘potenziato’», continua Melasecchi, «e non solamente per il valore dei workshop; avere l’opportunità di dialogare con colleghi che vengono da realtà diverse permette di condividere riflessioni, prendere spunti, guardare alla realtà da punti di vista differenti. Si creano dei rapporti importanti, e anche se ci si vede una volta all’anno, ci si ritrova; e facendo il punto della situazione sulle questioni urgenti si cresce insieme». Gli effetti del 7 ottobre e del conflitto sulla vita dei musei ebraici europei sono eterogenei: «Ci sono musei, e mi pare che la situazione peggiore sia in Belgio, che sono stati attaccati dalla stampa e che patiscono un calo importante di visitatori, mentre da noi a Roma le visite all’inizio sono un po’ calati, ma è stato per paura, non per antisemitismo, e anzi spesso ci dicono che vengono apposta, per portare solidarietà».

(Foto: un dettaglio della Galleria dei Marmi Antichi, museoebraico.roma.it)