IRAN – In piazza a Milano con Tabrizi per chiedere democrazia

Attiviste e attivisti anti-regime hanno organizzato per venerdì 28 giugno dalle 12 alle 15 un presidio in piazzale Lotto a Milano, nelle vicinanze del consolato iraniano, nel giorno in cui in Iran si tornerà al voto dopo la morte in un incidente aereo lo scorso 19 maggio del presidente Ebrahim Raisi. Tra le attiviste che invitano alla mobilitazione contro la «farsa» rappresentata dalle imminenti elezioni c’è la 45enne Rayhane Tabrizi, nata nel 1979 a Teheran, ma residente dal 2008 in Italia, tra le fondatrici dell’associazione Maanà, parola che in farsi significa «immortalità». Un auspicio, una speranza, affinché la missione di informare sulla cancellazione dei diritti nella Repubblica islamica degli ayatollah «non abbia mai fine», racconta Tabrizi a Pagine Ebraiche. Almeno fin quando quel regime sanguinario non sarà rovesciato. Maanà è un’associazione apartitica nata a Milano per diffondere il messaggio del movimento Donna Vita Libertà costituitosi dopo l’uccisione nel 2022 di Mahsa Amini, colpita a morte dalla “polizia morale” perché non indossava “correttamente” il velo.
Dal 7 ottobre Rayhane è scesa più volte in piazza anche a fianco di chi difende il diritto di Israele ad esistere contro la minaccia terroristica guidata a distanza e per interposti terroristi dalla Guida Suprema, Ali Khamenei, e i suoi sodali. Ma anche la distanza non è più un assioma, come si è visto nell’attacco diretto contro lo stato ebraico di metà aprile. «È stato un fatto nuovo che spero abbia fatto capire al mondo la vera intenzione del regime: prendere il controllo dell’intero Medio Oriente, annientare Israele in quanto unico stato democratico dell’area», prosegue Tabrizi. «Non dovrebbe essere difficile da comprendere, e in fondo basta un semplice fatto, direi incontrovertibile: quale è l’unico paese del Medio Oriente dove trovano rifugio gli esponenti della comunità LGBTQ perseguitati in molti stati tra i quali l’Iran, che li mette a morte?». La risposta è: Israele. Eppure, nonostante l’evidenza, «c’è chi continua a dare legittimità al comportamento criminale degli ayatollah, con una parodia del progressismo che invece di prendere di mira il regime si muove in senso opposto per anti-americanismo, anti-sionismo e persino anti-ebraismo».
La storia di Tabrizi e di altre dissidenti sarà raccontata in un documentario a cura del regista Ruggero Gabbai. Dopo nove anni come assistente di volo per la compagnia di bandiera dell’Iran, testimone oculare di alcuni traffici oscuri di persone tra Beirut e Damasco, Rayhane ha mollato tutto. E ha ricominciato la sua vita in Italia, da dove ogni giorno si batte per la libertà e l’emancipazione dei suoi connazionali. «È una battaglia che non ci possiamo permettere di interrompere, soprattutto adesso», riflette l’attivista. «Il regime è debole: chi scende in piazza per osannarlo e per gridare slogan contro Israele è una minoranza». Finché gli ayatollah non saranno cacciato dalle stanze, a farne le spese saranno ancora le donne. «La congiuntura economica critica, la crescente inflazione, hanno intensificato le azioni brutali. È una situazione orribile e tutto deve essere fatto tranne che prestare il fianco a un regime criminale, come purtroppo alcuni stanno facendo», accusa Tabrizi. Per dare una sveglia, secondo l’attivista, «servirebbe l’inserimento dei pasdaran nelle lisa delle organizzazioni terroristiche stilata dall’Unione Europea».
Nel frattempo Maanà continua il suo impegno a livello aggregativo e culturale. Tra le attività più significative svolte c’è stata la proiezione in un cinema milanese di Tatami, il film di Guy Nattiv e Zar Amir Ebrahimi, prima storica collaborazione fra registi d’Israele e Iran. Un’ulteriore attività promossa da Tabrizi e altre volontarie è stata la messa in scena dello spettacolo “Le mie tre sorelle” al Teatro Franco Parenti, con regia e sceneggiatura di Ashkan Khatibi. Tra le attrici la 29enne Sadaf Baghbani, vittima del regime con 150 pallini di piombo in corpo, venuta in Italia per iniziare una cura e un nuovo capitolo della sua vita.

(Foto di Lorenzo Ceva Valla)