USA – Biden vs Trump: la reazione del mondo ebraico

Un dibattito confuso, a tratti stravagante, con momenti imbarazzanti per entrambi i partecipanti. È la valutazione di diverse testate ebraiche americane e israeliane di quanto visto nel primo confronto televisivo tra il presidente Usa Joe Biden e il suo sfidante Donald Trump. «Questo dibattito ha lasciato molti democratici a discutere se Biden debba rimanere il candidato del partito a novembre. Era rauco, si è corretto spesso a metà frase e in diverse occasioni è sembrato perdere il filo del discorso. Trump, nel frattempo, ha parlato con maggiore energia, ma con frasi sconnesse che includevano numerose falsità», commenta Ron Kampeas sulla Jta, la principale agenzia di stampa ebraica negli Usa. Secondo Kampeas uno dei «momenti più bizzarri» è stato lo scambio tra i due sul conflitto tra Israele e Hamas. In particolare quando Trump ha descritto Biden come un «pessimo palestinese». Sulla guerra, il presidente ha sostenuto la sua proposta di una tregua in tre fasi, affermando di aver ottenuto un sostegno trasversale: «Tutti, dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite fino al G7, agli israeliani e al premier Benjamin Netanyahu stesso» hanno approvato il piano. «L’unico che vuole che la guerra continui è Hamas». Affermazione definita falsa da Trump. Per il candidato repubblicano Israele «vuole continuare» la guerra e «dovresti lasciarli fare, lasciarli finire il lavoro. Lui (Biden) non vuole farlo. È diventato come un palestinese, ma non gli piacciono perché è un pessimo palestinese, è debole». Nello scambio sul Medio Oriente Biden ha ribadito il suo sostegno allo stato ebraico, dichiarando di aver fornito a Israele tutte le armi necessarie – tranne un carico di bombe da 900 kg perché «non funzionano molto bene nelle aree popolate. Uccidono molte persone innocenti» per contrastare Hamas, «ora fortemente indebolita». «Abbiamo salvato Israele», ha aggiunto, riferendosi allo sventato attacco missilistico compiuto dall’Iran contro lo stato ebraico ad aprile.
Sotto la sua presidenza, ha replicato Trump, l’Iran era debole. «Non avevano un soldo per finanziare Hamas o Hezbollah: ora il nostro paese sta esplodendo per colpa tua, perché nessuno ti rispetta qui e nemmeno all’estero», ha attaccato.

Il nodo Iran
Una valutazione in parte condivisa dall’analista militare israeliano di ynet, Ron Ben-Yishai. Pur apprezzando la serietà e i «solidi valori morali» di Biden, Ben-Yishai ne nota la debolezza a livello internazionale. «Anche Netanyahu a volte osa sfidare Biden e la sua amministrazione direttamente, per non parlare degli Houthi in Yemen e degli ayatollah a Teheran. Questi ultimi hanno recentemente guadagnato fiducia e coraggio. Non solo perché il 7 ottobre ha rivelato le fragilità d’Israele, ma anche perché l’amministrazione Biden sta legando le mani dello stato ebraico nella sua lotta a Gaza e nel nord, erodendo la deterrenza complessiva che l’Occidente ha nei confronti dell’Iran». Per il giornalista israeliano la debacle di Biden nel confronto televisivo rischia di avere effetti immediati: Teheran, di fronte a un presidente mostratosi confuso, potrebbe decidere di accelerare ulteriormente sull’atomica. Dall’altro lato, sul versante del conflitto tra Israele e Hamas, il rafforzarsi della candidatura di Trump potrebbe avere effetti positivi per l’accordo sugli ostaggi, prevede Ben-Yishai. Il Qatar «preoccupato delle possibili pressioni» di una presidenza repubblicana potrebbe esercitare a sua volta «maggiore pressione su Yayha Sinwar e sulla leadership politica di Hamas a Doha per tornare all’accordo sugli ostaggi, in più fasi o in una sola fase, e raggiungere la fine della guerra prima che Trump arrivi alla Casa Bianca». L’analista israeliano mette però in guardia da chi vede l’elezione di Trump come una buona notizia per Gerusalemme. «È incoerente e imprevedibile» e ha sviluppato un rancore personale «nei confronti del premier Netanyahu», scrive l’editorialista di ynet. Anche sulla guerra a Gaza ha cambiato più volte idea. «Il grande problema con Trump è sapere da che lato si sveglierà la mattina e quale decisione prenderà prima di bere il suo caffè».

Destra e sinistra
Ancora sul confronto in tv, per Makor Rishon, sito della destra nazionalista israeliana, «Trump non ha dato il meglio di sé, molti americani hanno definito la sua performance “inaffidabile” e “meschina”, ma tutto ciò non ha importanza alla luce del terribile show di Biden». Anche per il progressista Haaretz il dibattito è stato un gigantesco passo falso per il presidente democratico «Biden, descritto dai suoi avversari come un anziano con la demenza, doveva solo apparire lucido nel dibattito che si è tenuto stanotte. Non c’è un’asticella più bassa di questa, eppure non è riuscito a raggiungerla», scrive Nathaniel Shlomovitz. «Il partito democratico, privo di qualsiasi meccanismo formale per sostituire un candidato presidenziale a questo punto della corsa, sta ora affrontando un attacco di panico collettivo», commenta ancora Shlomovitz. «D’altro canto, se Biden dovesse ritirarsi, la lotta per la successione probabilmente sarà altrettanto, se non più, allarmante, caotica e pericolosa». A chiedere al presidente di fare un passo indietro è stato in queste ore uno dei più noti ebrei americani: Thomas Friedman, firma di punta del New York Times.

I sondaggi
Prima del dibattito, due sondaggi avevano evidenziano la posizione maggioritaria del mondo ebraico Usa, storicamente più vicino ai Democratici. Il 64% degli ebrei americani aveva dichiarato di sostenere Biden, contro un 24% favorevole a Trump. Per il Forward, giornale ebraico Usa, non è detto che la performance di ieri incida su queste percentuali, anche se i Repubblicani negli anni hanno guadagnato consensi, in particolare grazie al loro sostegno a Israele. A bloccare il passaggio di voti verso Trump, nota il Forward, è la sua continua reticenza a condannare l’estremismo di destra. Durante il confronto si è tornati al caso di Charlottesville del 2017, quando suprematisti bianchi sfilarono per le vie della cittadina urlando slogan antisemiti e attaccando poi una contromanifestazione. Trump, allora presidente, commentando le violenze sostenne che c’erano «persone perbene da entrambe le parti». Incalzato su quell’affermazione, nel dibattito il candidato repubblicano è arrivato a negare del tutto l’esistenza di questa vicenda. Ha dichiarato che Biden si è «inventato la storia di Charlottesville». «So qualcosa di Charlottesville perché abbiamo citato in giudizio con successo i nazisti responsabili di quella manifestazione», ha commentato Amy Spitalnick, a capo del Jewish Council for Public Affairs. «Ho visto in prima persona come quei nazisti sono stati incoraggiati da Trump, aiutando a innescare un ciclo di violenza estremista che ha preso di mira tante comunità in tutto il paese. Questi sono i fatti».