SHIRIM – «Salmo» (Paul Celan)

Salmo

Nessuno ci impasta più di terra e argilla,
nessuno alita sulla nostra polvere.
Nessuno.
Lodato sii tu, Nessuno.
Per amor tuo vogliamo
fiorire.
Incontro
a te.
Un nulla
eravamo, siamo,
resteremo, fiorendo:
la rosa di
Nulla, di Nessuno.
Con
il pistillo animachiaro,
il filamento cielodeserto,
la corona rossa
della parola purpurea che cantammo
su, oh su
la spina.

Questo testo di Paul Celan (Černivci 1920 – Parigi 1970), qui nella traduzione a cura di Moshe Kahn, è uno struggente inno alla vita umana nel tormentato relazionarsi con Nessuno.
Nessuno è deità invocata, indisponibile a rivelarsi, a ripetere l’opera di cui fu artefice in principio. L’atroce negarsi si coglie nell’incalcolabile istante in cui all’impasto primario nulla fa seguito: la polvere che un dì, animata, divenne corpo vivente, ritorna fuliggine cosmica, echi di membra che furono e cessarono.
Ma la piaga della separazione antica è presenza essa stessa lacerante.
La si terrà addosso ogni giorno sotto il sole, quale impronta comune d’esistenza, quando si andrà languendo per arse vie desolate mendicando il pane, versando nel mondo occhi di buio e ardente speranza, domande, domande senza risposte.

L’umano canto si leva dai cori degli uomini, mestamente, quale pianto a un amore perduto, a lungo sognato in molti luoghi, in tempi ritornanti – il tempo d’ogni vita -. Il fiorire è divenire urgente, desideroso d’una vicinanza che plachi un poco lo sgomento del vivere. È correre, in rapida ascesa, al primordiale respiro che cambiò il non essere in essere umano, all’impasto ancestrale, all’attimo estremo di distacco e silenzio.

Gorgoglianti fiori umani intonano con molte voci il medesimo canto disperato.
Udrà, forse, l’amato il gemito, il canto, vedrà la nudità cristallina – come di vegetale e creatura sensibile a un tempo – l’anima azzurra incarnata in sanguinei sprazzi, poveramente, perdutamente monchi e franti? Il faticare senza posa – le gole arrochite – in attesa dell’estremo sussulto, il grido ultimo inghiottito nel monte del sogno.

Shirim è a cura di Mariateresa Amabile, poetessa e docente di Diritti Antichi all’Università di Salerno