ISRAELE – Noa Argamani saluta sua madre per l’ultima volta

Ostaggio dei terroristi di Hamas per otto mesi, Noa Argamani scandiva lo scorrere delle ore, desiderando di poter rivedere i propri genitori. Giorno dopo giorno, la sua principale speranza era di poter riabbracciare ancora una volta la madre gravemente malata. Non a caso la sua prima domanda appena riacquistata la libertà, ha raccontato un agente della missione che l’ha salvata da Gaza, è stata: «Mia madre è ancora in vita?». La risposta è stata affermativa. E così poche ore dopo il miracoloso salvataggio, Noa ha potuto rivedere la madre Liora. È riuscita a passare gli ultimi giorni con lei, a starle vicino prima dell’addio definitivo. Ora, a tre settimane dalla liberazione della figlia, Liora, 61 anni, è morta, consumata da un tumore al cervello. «Ha trascorso i suoi ultimi giorni accanto alla figlia, tornata dalla prigionia, e ai suoi familiari più stretti», ha comunicato l’ospedale Ichilov, dove la donna era ricoverata. «Riportiamo la richiesta della famiglia di rispettare la loro privacy in questo momento difficile», ha aggiunto l’amministrazione dell’ospedale.
«Liora ha combattuto una malattia maledetta e si è aggrappata alla vita per ricongiungersi con la sua amata Noa, liberata nell’eroica operazione “Arnon”. È morta quando il suo ultimo desiderio è stato esaudito e Noa era al suo fianco», ha affermato il premier Benjamin Netanyahu nell’esprimere il proprio cordoglio alla famiglia. Un’occasione per Netanyahu per parlare anche dei 116 ostaggi ancora in mano a Hamas. «Continueremo a fare tutto ciò che è in nostro potere per restituire i nostri rapiti, i vivi e i morti, alle loro famiglie, e raggiungere gli altri obiettivi della guerra».
A unirsi alle parole di cordoglio anche Benny Gantz, leader del partito d’opposizione Unità nazionale. Per Gantz la storia della famiglia Argamani «è un simbolo di come non ci sia più tempo per gli ostaggi e per chi li aspetta a casa». Israele ha «un obbligo morale» di agire immediatamente per liberare tutti i rapiti.
Un appello richiamato alcuni giorni fa anche da Noa Argamani nel suo primo intervento pubblico. In un video inviato per una manifestazione dei parenti degli ostaggi, la giovane aveva sottolineato: «Anche se ora sono a casa non posso dimenticare gli ostaggi ancora prigionieri di Hamas. Dobbiamo fare tutto il possibile per riportarli a casa». La giovane, il cui compagno Avitan Or è ancora prigioniero, aveva detto di sentirsi privilegiata per aver potuto riabbracciare la famiglia.
«Come figlia unica, come figlia di una madre con una malattia terminale, la mia più grande preoccupazione durante la prigionia era per i miei genitori».