7 OTTOBRE – Arriva la prima indagine targata Idf: luce su Be’eri
Per due lunghissime ore 13 residenti del kibbutz Be’eri, male armati e senza informazioni, sono rimasti da soli a fronteggiare circa 340 terroristi palestinesi. Il primo aiuto è arrivato alle 9 del mattino, due ore e 20 dopo l’invasione di Hamas. Una squadra di 13 soldati di Tsahal è stata paracadutata nel kibbutz preso d’assalto. Bisognerà attendere le 13.00 prima dell’arrivo di ulteriori rinforzi. Nel mentre i terroristi, casa per casa, massacravano intere famiglie, distruggendo abitazioni, prendendo in ostaggio adulti e bambini. Alla fine dell’attacco su circa mille residenti, 101 civili erano stati assassinati dai terroristi. Con loro, 31 membri delle forze di sicurezza, mentre 32 persone furono rapite. Di queste, undici sono ancora prigioniere a Gaza.
«Le forze di difesa hanno fallito nel compito di proteggere il kibbutz Be’eri», ha affermato Mickey Edelstein, ex comandante della Divisione Gaza, presentando l’indagine sulle responsabilità di Tsahal nella battaglia di Be’eri. Si tratta della prima inchiesta conclusa dall’esercito sulla debacle del 7 ottobre. Ne emerge un quadro di gravi mancanze nella velocità di intervento delle forze armate, nella comprensione della situazione sul terreno, nella comunicazione di informazioni essenziali. Per diverse ore, per esempio, un contingente di Tsahal è rimasto fuori dal kibbutz senza ricevere l’ordine di entrare.
L’indagine su Be’eri è la prima conclusa dall’Idf. L’obiettivo, ha spiegato Edelstein, oltre a delineare le prime responsabilità interne, «è ricostruire la fiducia con l’opinione pubblica israeliana» attraverso la trasparenza.
L’indagine è stata presentata alle famiglie di Be’eri, che in un comunicato l’hanno definita «approfondita. Ha aiutato i nostri membri a comprendere la profondità e la complessità degli scontri». Ma dai residenti è arrivata la richiesta di una commissione d’inchiesta per mettere in ordine tutte le colpe e responsabilità: dei vertici militari e dell’intelligence così come della politica. «Servono risposte con le quali sia possibile iniziare a riprendersi» dal 7 ottobre e «trarre le conclusioni operative per il futuro». Un’indagine chiesta, sottolineano i sopravvissuti, «affinché la nostra inimmaginabile perdita non venga mai più sperimentata da nessun altro cittadino, affinché sia ripristinata la nostra fiducia nelle forze di sicurezza e la possibilità di tornare a vivere a Be’eri, sentendosi sicuri».
Ad appoggiare la necessità di una commissione d’inchiesta è stato anche il ministro della Difesa Yoav Gallant. Un’indagine che «deve esaminare tutti noi: i decisori e i professionisti, il governo, l’esercito e i servizi di sicurezza». Gallant ha chiamato in causa il suo ruolo. «La commissione dovrà esaminare me, il primo ministro, il capo di stato maggiore e il capo dello Shin Bet, l’esercito e tutti gli organismi nazionali subordinati al governo».