ISRAELE – Netanyahu: “A Gaza stiamo raggiungendo gli obiettivi”

Per il momento una commissione d’inchiesta nazionale sui fallimenti del 7 ottobre non sarà istituita. Le vittime delle stragi e le loro famiglie la chiedono da mesi con insistenza. Per il primo ministro Benjamin Netanyahu però non è ancora il momento per indagare le responsabilità della leadership politica e militare d’Israele. «Prima voglio sconfiggere Hamas», ha dichiarato il premier intervenendo alla Knesset nel 285esimo giorno di guerra. Per Netanyahu i tre principali obiettivi del conflitto a Gaza sono a portata di mano: «Liberare gli ostaggi, sconfiggere Hamas, assicurarsi che l’enclave palestinese non sia più una minaccia». Traguardi che Israele sta «raggiungendo attraverso una combinazione di pressione militare e politica».
Il premier ha rivendicato di non aver fermato la guerra nonostante le «immense pressioni dall’interno di Israele e dall’esterno, compresi gli Stati Uniti». Un riferimento alle tensioni di questi mesi con l’amministrazione Usa e con le richieste in particolare di Washington di non intervenire a Rafah, l’ultimo bastione di Hamas nel sud di Gaza. Qui Tsahal è impegnato da settimane. Nelle ultime ore ha fatto avanzare i suoi carri armati nel nord della città. Una manovra, sottolinea l’emittente Kan, usata per aprire la strada a incursioni più ampie. Per l’esercito una volta eliminato il grosso di Hamas a Rafah si entrerà in un nuovo capitolo del conflitto. Quello di una guerra a bassa intensità con operazioni mirate. Per questo la città al confine con l’Egitto è considerata così centrale. Ed è al centro del dibattito politico. Se Netanyahu ha rivendicato l’operazione per entrarvi, l’ex ministro del suo gabinetto di guerra, Benny Gantz, ha contestato questa ricostruzione. «Perché hai ritardato l’ingresso a Rafah e Khan Yunis? Perché hai avuto paura e hai esitato? E quali sono i prezzi che abbiamo pagato e stiamo ancora pagando per questo?», ha accusato Gantz. «Tutto questo sarà rivelato quando i protocolli e le testimonianze saranno ascoltati dalla commissione nazionale d’inchiesta», ha sostenuto l’ex ministro.
A Netanyahu si è anche rivolto il capo dell’opposizione alla Knesset, Yair Lapid. «Signor primo ministro, annuncerà la prossima settimana al Congresso Usa la firma dell’accordo sugli ostaggi?», ha chiesto Lapid, riferendosi all’intervento previsto per il 24 luglio del premier a Washington. «Se è questo che dirà, ha la nostra benedizione. Altrimenti non parta per Washington».
La questione dell’accordo è in cima al dibattito nazionale. Le famiglie dei rapiti, anche con la dolorosa pubblicazione di scatti che ritraggono i loro cari prigionieri a Gaza, chiedono al governo di concludere il prima possibile l’intesa con Hamas. “Non c’è più tempo”, scandiscono in continue manifestazioni di piazza. Nel mentre riprendono duramente Netanyahu per una sua presunta dichiarazione. Secondo Ynet, il premier in una riunione avrebbe dichiarato: «Non dovremmo essere stressati. È Hamas che dovrebbe esserlo. Gli ostaggi stanno soffrendo, ma non stanno morendo». Parole a cui ha replicato il Forum delle famiglie degli ostaggi. «Le osservazioni del primo ministro non solo ci feriscono profondamente, ma sono anche imprecise e pericolosamente irresponsabili. La triste realtà è innegabile: gli ostaggi sono già stati uccisi in prigionia. Altri potrebbero perdere la vita proprio in questo momento».
Intanto una delegazione israeliana è in Egitto per continuare i colloqui per il cessate il fuoco in cambio del rilascio dei rapiti, mentre Israele e Hamas valutano l’ultima proposta di accordo, riporta il Times Of Israel.