SHIRIM – «Nella sukkah», Marina Arbib

Perle di pioggia

Dai rami sulla mia testa

Si addolcirà la tristezza

Al profumo della terra bagnata

Del bel testo di Marina Arbib poetessa e docente di filosofia e di cinema alla Reichman University di Herzliya, si è riportata la sola versione in italiano, tratta dal suo libro Impronte di luce – Akevot shel or (i tipi di Yiton 77, Tel Aviv 2023, in italiano ed ebraico).

Ai testi si accompagnano suggestivi scatti fotografici ad opera dell’autrice. Alle immagini è affidato il compito prezioso di restituire, in uno con i versi poetici, l’essenza profonda dell’impressione originaria, così come questa fu colta, e di suggerire al lettore un codice sottile che permetta di intendere le voci nascoste della natura.

Il testo qui proposto tratteggia un’immagine poetica assai delicata.

Ci troviamo nella penombra accogliente di una sukkah, ove un’acqua benefica terge l’arboreo tetto di fronde, valicandolo, mondando così, dell’occupante, il solitario dolersi. Come dal nulla si compie il miracolo: una pioggia sottile asperge i mesti pensieri, risanandoli. Dileguano, docili, nell’effluvio georgico originario, svaporando, debellando l’annoso miasma.

Nel diuturno vagar per il mondo accade sovente che il coagulo denso di ombre e sussulti ottunda, non visto, l’innato legame dell’uomo alla terra. E mentre si torna al tracciato sentiero, sfugge, risfugge il mistero, prodigioso lenire l’umano patire.

Così si va per giorni inquieti, obliando il ristoro dei gigli del prato, il frusciar delle foglie sul tetto, il sogno del seme già nato. Ma sarà un filtrare di luce, un giocare di rane, a svelarci l’incanto nel lampo, l’istante trepido che saltò il cuore un battito. E la natura silente, la natura abiurata verrà con tacite ali. Rapprende, benigna, l’essere intero.

Imbeve, il fragrante terreno di sassi, le tacite pene sommerse, disciolte in arborei, benefici sali.

Shirim è a cura di Mariateresa Amabile, poetessa e docente di Diritti Antichi all’Università di Salerno