L’INDAGINE – Ebrei d’Europa, inquietudini e speranze

Inquieti, preoccupati, a volte disorientati. Ma intenzionati a battersi con tutte le loro forze per garantire un futuro ebraico al continente. Così appaiono i leader ebraici e i professionisti al servizio delle Comunità nella sesta indagine sull’Europa ebraica condotta dall’American Jewish Joint Distribution Committee (JDC), raccogliendo ed elaborando le risposte fornite online da quasi 900 persone di 32 paesi. Una misurazione scientifica sugli effetti del 7 ottobre con l’Italia protagonista, dietro soltanto a Francia e Germania per numero di questionari compilati. Circa una risposta su sette è arrivata dal nostro paese, dove partner di riferimento di Jdc è stata la Fondazione Cdec di Milano e in particolare la sociologa Betti Guetta.

Il 7 ottobre

Il 7 ottobre «ha avuto un impatto profondo» sulle Comunità ebraiche, certifica JDC all’inizio del report. Non a caso il 78% degli intervistati afferma di sentirsi «meno sicuro» nel vivere la propria ebraicità rispetto al passato, mentre il 38% del campione riferisce di essersi allontanato da amici non ebrei per via di alcune incomprensioni. Allo stesso tempo l’indagine, svolta nella primavera di quest’anno, registra un positivo aumento della partecipazione alla vita comunitaria, una maggiore consapevolezza dell’importanza di fare rete, un rafforzamento della vicinanza a Israele.
Nella lista delle dieci priorità per l’ebraismo europeo al primo posto c’è la «lotta all’antisemitismo» (8,9), tallonata a un decimale di distanza dalla necessità «di assistere chi ha più bisogno» (8,8) e dal «rafforzamento dell’educazione ebraica» (8,7). Al quinto posto troviamo il «supporto allo Stato d’Israele» (8,2), al sesto la sfida di «ridurre le tensioni e divisioni interne» (8,1), al decimo l’offerta «di più attività per gli ebrei non osservanti» (7,7). Alla domanda su quale sia oggi la minaccia più grande per il futuro ebraico, il 79% del campione risponde che questa è l’antisemitismo. Seguono il «senso di alienazione» di alcuni rispetto alla propria Comunità di appartenenza (74%) e la mancanza di rinnovamento nella leadership della stessa (70%). Soltanto un intervistato su tre (34%) ha risposto con «Mancanza di una vita religiosa/osservanza».

Chi è ebreo?

«Chi dovrebbe essere accettato come membro di una comunità ebraica?», chiede JDC. A questa domanda il 72% del campione ha risposto: «Chiunque si stia sottoponendo a un processo a un processo di conversione sotto l’autorità di un rabbino, di qualunque corrente». Mentre il 69% ha indicato: «Chiunque abbia il padre ebreo», il 49%: «Chiunque abbia almeno un nonno ebreo», il 35%: «Solo chi risponde a criteri halakhici» e il 23%: «Chiunque consideri se stesso ebreo». Altre domande mettono al centro i temi del conflitto, l’empatia verso Israele, le strategie per la continuità.

L’ottimismo

Più in generale, tutto considerato, c’è ancora spazio per l’ottimismo? Nella quinta indagine JDC, del 2021, rispondeva di essere «molto d’accordo» con l’affermazione il 12% degli intervistati, oggi invece il numero scende al 9%. Nel 2024 era d’accordo il 40%, mentre oggi è il 35%. L’ottimismo è più alto nei paesi dell’Est Europa, attestandosi al 57% contro il 39% di quelli occidentali. Entrambi i dati sono comunque in calo rispetto a tre anni fa, a dimostrazione che il 7 ottobre ha lasciato e verosimilmente ancora lascerà un segno.

(Nell’immagine in alto: il Tempio Maggiore di Roma)