USA – Dai refusnik alla sinagoga Tree of Life, Josh Shapiro possibile vice di Kamala Harris
Il 17 gennaio 2023 il democratico Josh Shapiro ha giurato come governatore della Pennsylvania su tre Bibbie ebraiche. La prima perché di famiglia. La seconda perché si trovava nella sinagoga Tree of Life di Pittsburgh durante la strage antisemita del 2018. La terza perché appartenuta a un soldato ebreo di Filadelfia, che se la portò con sé durante lo sbarco in Normandia il 6 giugno 1944.
Tre simboli del legame privato e pubblico con l’ebraismo di Shapiro, il nome considerato più probabile per affiancare Kamala Harris qualora l’attuale vicepresidente Usa sarà confermata come candidata democratica alla presidenza. Se così fosse, Shapiro diventerebbe il secondo ebreo candidato alla vicepresidenza degli Stati Uniti nella storia americana, dopo il democratico Joe Lieberman, sconfitto al fianco di Al Gore nel 2000.
Shapiro non solo non ha mai nascosto la sua identità ebraica, ma ne ha fatto un elemento della sua campagna elettorale a governatore, per spiegare agli elettori di essere un uomo di fede. «Che la mia giornata inizi a Bloomsburg, a Uniontown o in qualsiasi altro luogo della Pennsylvania, torno a casa il venerdì sera per la cena del Shabbat perché la famiglia e la fede sono il mio fondamento», annunciava nel 2020, lanciando la sua candidatura. Il suo messaggio passò, portandolo a una netta vittoria contro l’avversario repubblicano, Douglas Mastriano, ultracoservatore cattolico con alle spalle alcune uscite antisemite. Se Shapiro dovesse essere scelto da Harris, si troverà a sfidare un altro ultracoservatore cattolico JD Vance, scelto dal repubblicano Donald Trump come suo candidato vicepresidente.
Le lettere ai refusnik, i dissidenti ebrei russi
Nato il 20 giugno 1973 a Kansas City, nel Missouri, Shapiro è un ebreo osservante della corrente Conservative. Durante l’infanzia la famiglia si trasferisce nella contea di Montgomery, in Pennsylvania. Qui frequenta le scuole ebraiche e, ancora bambino, prende parte alla sua prima iniziativa politica: un programma di corrispondenza per dare sostegno, attraverso delle lettere, ai coetanei ebrei perseguitati in Unione Sovietica per la loro religione. «Dopo un’intensa attività di sensibilizzazione», si legge sul sito del governatore, «l’amico di penna di Josh, Avi, e la sua famiglia riuscirono a lasciare l’Urss e a raggiungere l’America. Qui Avi partecipò al Bar Mitzvah di Josh prima di ottenere asilo in Israele».
Al liceo, l’Akiba Hebrew Academy, Shapiro incontra la futura moglie, Lori Ferrara.
L’inchiesta sugli abusi nella Chiesa
Laureato in giurisprudenza, dopo una prima formazione a Capitol Hill nelle fila democratiche, torna in Pennsylvania nei primi anni duemila, venendo eletto a diverse cariche locali. Il salto più importante risale al 2016 con la nomina a procuratore generale dello stato, dopo aver sconfitto alle urne il repubblicano John Rafferty Jr. Due anni dopo segue la delicata inchiesta, durata 18 mesi, sulla locale Chiesa cattolica. Shapiro e il gran giurì da lui guidato documentano centinaia di casi di abusi sessuali commessi da oltre 300 sacerdoti in 70 anni e «l’insabbiamento sistematico» di questi reati da parte delle istituzioni ecclesiastiche. Il caso ha un impatto internazionale e non mancano gli attacchi antisemiti contro Shapiro. Attacchi che non impressionano il procuratore. «Se la tua risposta al rapporto del gran giurì, che ha portato alla luce questo orribile abuso e insabbiamento, è quella di attaccarmi con un insulto antisemita, allora francamente il problema è tuo», commenterà al New York Times.
Tree of Life
Quando il suprematista bianco Robert Bowers assassina undici persone nella sinagoga Tree of Life di Pittsburgh (Pennsylvania), Shapiro è procuratore generale. Nei giorni successivi la più grave strage antisemita mai compiuta negli Usa, invoca per l’attentatore la pena di morte. Poi però cambia idea, incontrando alcune famiglie delle vittime. «Mi hanno detto che, anche dopo tutto il dolore e l’angoscia, non volevano che l’assassino fosse messo a morte», racconta al Forward nel 2022. «Hanno detto che avrebbe dovuto passare il resto della sua vita in prigione, ma che lo Stato non avrebbe dovuto togliergli la vita come punizione per aver tolto la vita ai loro cari. Questo mi ha commosso e mi è rimasto impresso». Tanto che una volta eletto governatore chiede l’abolizione della pena di morte in Pennsylvania.
Dopo il 7 ottobre
Shapiro nel corso degli anni ha ribadito il suo forte legame con Israele. A Gerusalemme ha chiesto nel 1997 alla moglie di sposarlo. Dopo il 7 ottobre, da governatore ha apertamente sostenuto lo stato ebraico nella sua lotta al terrorismo di Hamas. «Israele non solo ha il diritto, ma ha anche la responsabilità di liberare la regione da Hamas e dal suo terrorismo».
Con l’inizio delle manifestazioni pro palestinesi nei campus, ha difeso gli studenti ebrei, contestando l’inazione dell’ex rettrice dell’Università della Pennsylvania, Liz Magill, poi costretta a dimettersi. Si è poi presentato a mangiare da Goldie, ristorante israeliano di Philadelphia, al centro di una campagna di boicottaggio di gruppi propal. «Questo è palese antisemitismo», ha denunciato. «Hanno contestato un ristorante semplicemente perché è di proprietà di un ebreo. Questo è il tipo di pregiudizi antisemiti che abbiamo visto nella Germania degli anni ’30».
A giugno, ha espresso il suo sostegno a una legge anti-Bds promossa in Pennsylvania.
Shapiro è un sostenitore della soluzione dei due stati per due popoli e non ha lesinato critiche al premier israeliano Benjamin Netanyahu. Prime del 7 ottobre, lo ha definito «un leader fallito» che ha portato il paese in una «direzione molto pericolosa», alleandosi con l’estrema destra e spingendo per una controversa riforma del sistema giudiziario.
Le Massime dei Padri
Nel suo discorso per la vittoria della nomina a governatore, Shapiro ha citato uno dei pilastri dell’etica ebraica, i Pirkei Avot (le Massime dei Padri): «Non sta a te compiere l’opera, ma non sei libero di sottrartene». «Questo significa», ha spiegato, «che ognuno di noi ha la responsabilità di scendere in campo, di partecipare alla partita e di fare la propria parte». Presto la sua parte potrebbe essere quella di candidato vicepresidente al fianco di Kamala Harris.
Daniel Reichel