SOCIAL MEDIA – L’esperimento di Sobol e le trappole del web
Hagay Sobol, professore di Medicina a Marsiglia e attivista per il dialogo interculturale, ha ricordato il 29 luglio sulla Tribune Juive le parole di Umberto Eco: «I social network hanno dato diritto di parola a legioni di idioti che prima parlavano solo al bar e non facevano danni alla comunità. E venivano subito messi a tacere. Oggi hanno lo stesso diritto di parola di un premio Nobel». Sobol considera i social network un nuovo campo di battaglia, e disertarli significa, a suo parere, capitolare. Per illustrarne i meccanismi e portare allo scoperto gli odiatori della rete ha organizzato un esperimento su X (l’ex Twitter) incentrato sulle Olimpiadi di Parigi e sulla delegazione israeliana. Non lo ha definito un vero studio scientifico ma solo un tentativo di illustrare la situazione con un approccio pragmatico. Premessa: i Giochi Olimpici dovrebbe celebrare lo sport e la pace tra le nazioni ma sono diventati una rampa di lancio per gli agitprop, dai commenti che hanno preso di mira la delegazione israeliana, alle fake news sull’impreparazione, fino al sabotaggio delle linee ad alta velocità della SNCF. Sui social network predominano l’emozione e l’immediatezza a scapito dell’analisi, della riflessione e del dibattito, e sono diventati un vettore chiave di disinformazione; anzi, spesso l’unica fonte di “informazione” per una parte della popolazione. E i media tradizionali spesso cadono nella stessa trappola mimando ciò che avviene di norma sui canali social.
L’esperimento
Il pomeriggio del 26 luglio, ossia diverse ore in anticipo rispetto alla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici, Sobol ha pubblicato su X questo messaggio: «Prima medaglia olimpica per #Israele nel #Taekwando ai #Giochi Olimpici di #Parigi: Avishag Semberg, 19 anni come tutte le ragazze della sua età, presta servizio nell’#IDF. Questo non farà piacere a La France Insoumise!». Il messaggio è stato pubblicato insieme a una fotografia dell’atleta, sorridente, con indosso un kimono e con una bandiera blu e bianca con la Stella di Davide, un’immagine diventata virale durante il rinvio delle Olimpiadi di Tokyo del 2021. Difficile prenderla per buona, e comunque Sobol allo stesso tempo ha pubblicato una serie di commenti che non lasciavano dubbi sul fatto che si trattasse di una bufala. Per poi, tre ore dopo, pubblicare una correzione per misurarne l’impatto. Il testo diceva: «Cari amici, con questa facezia (la cerimonia di apertura non ha ancora avuto luogo), volevo rispondere ai torrenti di odio riversati sulla delegazione di #Israele da parte di #LFI (La France Insoumise, il partito francese di sinistra radicale spiccatamente antisraeliano, ndr) e altri, e provare a curare il cuore delle persone oneste. Che vincano il migliore e la pace ai #GO!». Il risultato ha superato le previsioni: il post iniziale ha generato un’interazione quasi istantanea, ed è cresciuto in modo esponenziale; dopo un giorno aveva totalizzato oltre 73.900 visualizzazioni, più di 5.000 like e 1.100 repost. Dopo poche ore, la ri-pubblicazione da parte di una figura politica di spicco aveva raggiunto 188 mila visualizzazioni, 3.400 like, 703 repost e 702 commenti. La tipologia degli account si è dimostrata rilevante: i profili sono risultati diversificati in termini di like, sia per l’orientamento politico che per la posizione sul conflitto tra palestinesi e israeliani, mentre i retweet e i commenti sono risultati il più delle volte polemici, offensivi o addirittura minacciosi, con una prevalenza di profili falsi, spesso anonimi, con pochi follower e contenuti stereotipati che sembrano rispondersi l’un l’altro. I veri iscritti hanno cercato di partecipare alla discussione e poi, una volta che il post ha ottenuto sufficiente visibilità, si sono aggiunti gli “influencer” e altri troll, soprattutto per attizzare il fuoco. I personaggi pubblici sono comparsi per denunciare gli eccessi e sostenere gli atleti, o anche per sottolineare che si trattava di fake news. E coloro che sono stati ingannati ma se ne sono resi conto un po’ troppo tardi, hanno rimproverato a Sobol la modalità utilizzata, la stessa alla quale loro hanno fatto ricorso senza esitazioni.
Le osservazioni di Sobol
La crescita esponenziale delle reazioni ha convinto l’autore dell’esperimento che ci sia stato l’intervento di una o più entità che utilizzano robot o “bot” e “troll” (persone che lavorano sotto una bandiera o che utilizzano il web come valvola di sfogo). L’eccesso di profili falsi ne è stato conferma. Indipendentemente dal contenuto, il post ha portato a reazioni forti, mettendo allo scoperto i meccanismi sottostanti e come l’obiettivo sia creare un’atmosfera velenosa, influenzare eventi o anche il risultato delle elezioni instillando dubbi e paure nelle persone. Sono fattori destabilizzanti molto potenti indipendentemente da livello socio-culturale, professione, età o utilizzo dei social network: per Sobol siamo tutti suscettibili di essere manipolati in qualsiasi momento e su qualsiasi argomento. Le democrazie sono meccanismi fragili, limitati nelle loro azioni dallo Stato di diritto. Le loro idee, il loro stile di vita e la loro libertà disturbano i regimi totalitari, gli estremisti politici e i fondamentalisti religiosi che non sono vincolati dagli stessi limiti. Nell’Arte della guerra di Sun Tzu, l’informazione è un elemento fondamentale, ma nell’odierno mondo della post-verità – continua l’autore dell’esperimento – è la disinformazione a diventare strategica e le nostre democrazie non hanno imparato a difendersi. I social network alterano la realtà, rendendola meno credibile delle teorie cospirazioniste. Ma il web è anche un universo straordinario dove circolano tesori. È quindi indispensabile farlo nostro. Per navigare in questo mondo, è necessario padroneggiarne le regole e soprattutto prendersi il tempo per riflettere, per mettere in discussione quanto si legge, per fare domande. Solo così si potrebbe dimostrare che l’autore de Il nome della rosa si è sbagliato.