PICCOLO SCHERMO – A Body That Works: la surrogata si fa serie tv
«Che cosa vuole realmente? Un figlio o essere incinta?». È questa la domanda secca e un po’ brutale che il medico pone ad Ellie, quando la paziente, dopo innumerevoli fallimenti, vorrebbe cominciare l’ennesima cura per portare a termine una gravidanza invece di ricorrere alla maternità surrogata. È questo il fulcro intorno a cui ruotano le vicende raccontate in A Body That Works (Un corpo che funziona), una nuova serie televisiva israeliana realizzata dal broadcaster Keshet e recentemente acquistata da Netflix.
La serie racconta la storia di Ellie e Ido, una giovane coppia che non riesce ad avere un figlio e a cui viene proposta, come ultima soluzione, la gravidanza surrogata.
Ellie (Rotem Sela, 40 anni, già protagonista femminile della serie israeliana The Baker and the Beauty) lavora in una casa editrice. Cresciuta in kibbutz, la donna non ha superato la scarsa presenza della madre nella sua vita di bambina; un’assenza legata proprio alle regole sociali adottate da quel modello di comunità. Ido (Yehuda Levi, 44 anni, lo Jagger del film drammatico Yossi & Jagger) è invece un avvocato, disponibile a scendere a compromessi con le proprie ambizioni professionali per coronare il sogno di coppia e completare la famiglia con un figlio.
Terzo vertice del triangolo – la serie si chiama in ebraico Guf Hashlishì (Il terzo corpo) – è Chen (Gal Malka, 29 anni, vista nelle serie israeliana al femminile Dismissed), la giovane donna a cui la coppia ricorre e che si presta a diventare madre surrogata. A differenza di Ellie e di Ido, Chen appartiene a una classe sociale disagiata, è separata dal marito e vive a casa del padre con il figlio avuto da adolescente. Al terzetto si aggiunge Tomer, un attore interpretato da Lior Raz, noto al pubblico italiano per aver vestito i panni del protagonista di Fauda. Come scrittore debuttante si troverà ad essere seguito da Ellie nel suo ruolo di redattrice: con la donna finirà per stabilire un rapporto stretto. Nell’arco della storia, l’esigenza di Ellie di partecipare alla gravidanza in modo simbiotico con la surrogata e la volontà di Ido di tutelare la giovane Chen per non ridurla a uno strumento, si scontrano in modo sempre più duro, allontanando i protagonisti.
«Io sono un bancomat e tu un’incubatrice», afferma Ellie nella fiction rivolgendosi a Chen, quando non riesce a confrontarsi con la propria identità di madre. Il tema affrontato nasce dall’esperienza personale della co-sceneggiatrice Shira Hadad che ha avuto un figlio con la stessa procedura: «Fortunatamente in modo meno interessante e con meno drammi» sottolinea. «Ma mi ha fatto rendere conto del potenziale narrativo che poteva avere l’argomento». Mentre in Italia si ipotizza di rendere reato la maternità surrogata attuata all’estero, in Israele è legale dal 1997, anche se regolamentata. «Deve esserci un motivo» spiega Hadad. «Non è come negli Stati Uniti dove vi si può fare ricorso anche solo per evitare i fastidi della gravidanza». Diciamolo subito: il tema è interessante e attuale, ma è più uno strumento, un innesco, che non un’indagine per rivelare la profondità dei personaggi. Certo, gli attori fanno un ottimo lavoro: nel 2023 Rotem Sela e Gal Malka sono state premiate come migliori attrici ex aequo al Festival francese Series Mania del 2023, ma il linguaggio, la struttura drammatica, i meccanismi narrativi rimangono in modo evidente quelli di una fiction televisiva classica. «Per noi era anche un’occasione per poter parlare di genitorialità», racconta il co-sceneggiatore Dror Mishani. «Che cosa fa di te un genitore? Che cos’è che ti permette di sentirti tale?». E il rapporto difficile fra padri, madri e figli è un tema più universale che torna spesso nell’arco della storia: quello di Chen con il padre e con il figlio di dieci anni, ma anche quello di Ido che non viene sostenuto nella scelta dai propri genitori e, appunto, quello di Ellie con la madre. La serie ha avuto un buon successo in Israele dove è già stata confermata la produzione di una seconda stagione ma la messa in onda in Italia non è al momento stata programmata.
È un momento difficile per i prodotti tv israeliani: la serie di spionaggio Teheran era stata acquistata da Apple Plus per 20 milioni di dollari. Ma dopo il 7 ottobre il network ha fermato la scrittura della quarta stagione, mentre la terza, già completata e acquistata non è ancora stata trasmessa. Adducendo motivi politici legati al conflitto in corso, British Airways ha perfino sospeso la trasmissione sui voli della sitcom Hapless, una commedia britannica, che racconta le vicende di un giornalista ebreo; la compagnia ha spiegato di «voler rimanere il più neutrale possibile». Solo dopo numerose proteste e accuse di antisemitismo, British si è scusata, promettemdo di reinserire il titolo nella programmazione.
Simone Tedeschi