ISRAELE – In lutto per Mikhail, Gerusalemme apre al negoziato
Mikhail Samara, 27 anni, aveva scelto la Slovacchia per il suo percorso di studi. Qui si stava laureando in chimica e qui pensava di tornare dopo aver visitato la famiglia nel nord d’Israele. Ma lo scorso 6 agosto Samara è rimasto vittima di uno degli attacchi di Hezbollah. Un drone del gruppo terroristico è esploso a poca distanza dalla sua auto mentre era fermo a un rosso. Una quindicina di minuti e sarebbe arrivato alla casa dei suoi genitori, nel villaggio di Kafr Yasif. Invece i paramedici lo hanno portato d’urgenza in ospedale con ferite gravi causate dalle schegge del drone. Per 72 ore i medici hanno cercato di salvargli la vita, ma in queste ore ne hanno dovuto dichiarare il decesso. «Mikhail era una persona meravigliosa. Quando è arrivato abbiamo parlato e riso insieme. Eravamo felici fosse con noi. Mi ha raccontato dei suoi risultati negli studi e di voler fare una grande festa dopo la laurea. È difficile ricordare quelle parole adesso e non piangere», ha raccontato a ynet lo zio Nasser Samara.
Nell’attacco in cui è stato ucciso Mikhail, altre 19 persone sono state ferite. I residenti del nord sono tornati a chiedere a Gerusalemme maggior risolutezza nei confronti di Hezbollah. Da Shlomi, cittadina a pochi metri dal Libano, il sindaco Gabi Naaman invoca direttamente l’ingresso dell’esercito oltre confine. «Dobbiamo entrare in Libano e infliggere un duro colpo a Hezbollah, che ci minaccia e colpisce giorno e notte. Dobbiamo spostarci dal sud al nord, altrimenti ci complicheremo la vita, e alla fine Hezbollah resterà dov’è e ci distruggerà tutti», ha sostenuto Naaman. Per il momento Tsahal continua con le operazioni mirate contro i terroristi libanesi, in attesa della minacciata controffensiva. E a Gaza è tornata a colpire Hamas nella centrale Khan Younis.
Il ritorno al negoziato
Con i terroristi palestinesi il conflitto prosegue, ma si aprono speranza sul negoziato per il cessate il fuoco in cambio della liberazione degli ostaggi. Il presidente Usa Joe Biden ha fissato una data per il ritorno al tavolo delle trattative: il 15 agosto. E il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato la disponibilità a partecipare.
«È giunto il momento di portare immediato sollievo sia alla popolazione di Gaza, che soffre da tempo, sia agli ostaggi e alle loro famiglie. È giunto il momento di concludere l’accordo per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi e dei detenuti», si legge in una dichiarazione congiunta firmata da Biden, dal presidente egiziano Abdel Fattah el-Sissi e dall’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani. Parole accolte positivamente dal Forum delle famiglie degli ostaggi, che auspicano di poter riabbracciare dopo oltre nove mesi i propri cari. Dei 115 israeliani rapiti, 39 sono stati dichiarati da Tsahal deceduti. «Un accordo è l’unico modo per riportare a casa tutti gli ostaggi», dichiarano dal Forum. Dalla Casa Bianca fanno sapere che «l’accordo non sarà pronto per essere firmato giovedì». Ci sono ancora diversi ostacoli, ha spiegato una fonte dell’amministrazione Usa ai media americani. «Con un po’ di forza di volontà e sedendosi a discutere, pensiamo che un accordo sia possibile». Tra le richieste di Hamas ci sarebbe l’immediata liberazione di Marwan Barghouti, leader del movimento Fatah, che sta scontando cinque ergastoli in un carcere israeliano.