USA – JPost contro Harris: se vincesse, un disastro

Kamala Harris non sosterrà mai un embargo sulla fornitura di armi contro Israele. La precisazione è arrivata dal suo consigliere sulla sicurezza nazionale Phil Gordon dopo che alcuni rappresentanti di un’associazione propal avevano sostenuto di aver registrato un’apertura della candidata alla presidenza dei Democratici Usa all’ipotesi, durante un suo comizio a Detroit. «Kamala Harris è stata chiara», ha scritto Gordon su X. «Garantirà sempre che Israele sia in grado di difendersi dall’Iran e dai gruppi terroristici sostenuti dall’Iran». Da Harris sarebbe arrivata soltanto una disponibilità all’ascolto e al confronto. Niente endorsement all’agenda propal, insomma.

L’attacco del Jpost

La precisazione non sembra rassicurare Zviva Klein, redattore capo del Jerusalem Post. Sul più antico organo di informazione israeliano in lingua inglese, oggi su posizioni conservatrici, l’attacco è netto: «Se Harris diventasse presidente, per Israele e per gli ebrei potrebbe essere un disastro». Secondo il giornalista, il fatto di per sé di aver «mostrato empatia» verso una forza dall’agenda anti-israeliana come Uncommitted National Movement è un problema, perché «la sua risposta ambigua ha lasciato spazio alle interpretazioni, suscitando frenesia mediatica e accesi dibattiti» su temi che non dovrebbero essere in discussione.
Non è un incidente isolato, accusa Klein, sostenendo che «nel corso degli anni le sue azioni e dichiarazioni hanno costantemente sollevato allarmi sul suo impegno nei confronti di Israele». Il giornalista cita «la risposta inquietantemente tiepida» davanti all’uso di «cliché antisemiti» da parte della sua collega di partito Ilhan Omar (si cita nel merito una vicenda del 2019), ma anche il sostegno dato in passato all’accordo sul nucleare con l’Iran («Un altro punto controverso», scrive Klein) e la disponibilità all’ascolto delle tesi di uno studente della George Mason University che, nel 2021, aveva accusato Israele di compiere «un genocidio» nei confronti dei palestinesi.
«La posizione di Harris su Israele ha implicazioni significative per la comunità ebraica americana», sottolinea Klein, che cita al riguardo l’ex ambasciatore statunitense a Gerusalemme David Friedman, molto vicino a Trump, secondo il quale «la sua candidatura potrebbe portare a uno storico spostamento degli elettori ebrei dalla parte repubblicana, dato il suo allineamento con l’ala progressista del Partito Democratico e il suo insufficiente sostegno a Israele». Dal suo canto Trump ha rilanciato con la consueta aggressività e violenza verbale: «Gli ebrei americani che sostengono la democratica Kamala Harris alla presidenza dovrebbero farsi controllare il cervello».