ISRAELE – I rabbini bacchettano Ben-Gvir (con i sottotitoli in arabo)
Nonostante gli annunci del ministro per la Pubblica sicurezza Itamar Ben-Gvir, agli ebrei è proibito pregare sul Monte del Tempio. Lo hanno chiarito cinque autorità rabbiniche israeliane dopo l’ultima controversa visita del ministro sul luogo considerato sacro da ebrei (Har HaBayit) e musulmani (al Haram al-sharif o Spianata delle moschee).
Ripresi in un video con i sottotitoli in arabo, i cinque rabbini hanno severamente condannato il gesto di Ben-Gvir, del suo collega Yitzhak Wasserlauf (ministro del Negev e della Galilea) e del gruppetto di persone che li ha seguiti sul Monte del Tempio per pregare. «La maggioranza delle principali autorità halachiche (della Legge ebraica) della nostra generazione lo proibisce e nessuno deve salire sul Monte del Tempio», ha dichiarato rav Shmuel Betzalel, membro del Consiglio dei Saggi della Torah (autorità religiosa della corrente haredi) e direttore della scuola religiosa Porat Yosef nella Città Vecchia. Ancor più duro rav David Cohen, anche lui membro del Consiglio dei Saggi: «Questi teppisti hanno profanato pubblicamente Har HaBayit». Per il rabbino capo della Città Vecchia Avigdor Nebenzahl: “Tutti i principali rabbini hanno sancito: Non salite sul Monte del Tempio. È severamente vietato entrarvi”.
Secondo la tradizione ebraica, il Monte del Tempio è il luogo in cui sorgevano il primo e il secondo Santuario di Gerusalemme. Per evitare di calpestarlo e quindi profanarlo, i rabbini hanno proibito ai fedeli ebrei di recarvisi. Come spiega sulla rivista di studi ebraici Hakirah Frank Loewenberg, docente emerito dell’Università Bar Ilan, la proibizione si è evoluta nel tempo e ha radici antiche. Nel 1488, ad esempio, il rabbino italiano Obadiah di Bertinoro (1455-1516) scriveva: «Nessun ebreo può entrare nel sito del Santo Tempio. Anche se i musulmani hanno spesso cercato di assumere ebrei esperti nella lavorazione del legno e dei metalli per lavorare sul Monte del Tempio, questi ebrei si sono rifiutati di entrarvi perché impuri».
Dal 1967, da quando Israele con la Guerra dei Sei giorni ha riunificato sotto la sua sovranità Gerusalemme, sul Monte del Tempio vige un’intesa informale, lo «status quo». Lo stato ebraico mantiene il controllo generale della sicurezza sul luogo sacro, mentre un’autorità islamica (il Watqf di Gerusalemme, nominato dalla Giordania) è responsabile della sua gestione quotidiana. Secondo lo «status quo», ideato nel ’67 dall’allora ministro della Difesa israeliano Moshe Dayan, ai musulmani è concesso libero accesso al sito. Per gli ebrei le visite sono scandite in determinati orari e vige il divieto di pregare. «Siamo tornati nel più sacro dei nostri luoghi, per non separarcene mai più. Non siamo venuti per conquistare i luoghi sacri degli altri o per limitare i loro diritti religiosi, ma piuttosto per assicurare l’integrità della città e per vivere in essa con gli altri in fratellanza», disse allora Dayan.
Per Ben-Gvir status quo deve essere cancellato. «La nostra politica è quella di permettere la preghiera», ha dichiarato il leader del partito di estrema destra Otzma Yehudit da Har HaBayit. Affermazione contestata dal suo primo ministro, Benjamin Netanyahu, dal mondo arabo, dagli Stati Uniti e dalle cinque autorità rabbiniche. «Chiedo alle nazioni del mondo di non considerare quei ministri del governo come rappresentanti del popolo di Israele», ha commentato rav Yitzhak Yosef, già rabbino capo sefardita di Israele, in riferimento a Ben-Gvir e colleghi. «Vi prego di agire per calmare gli animi, noi tutti crediamo in un unico Dio e vogliamo la pace tra le nazioni, e non dobbiamo lasciare che le frange estreme ci guidino», ha concluso Yosef.
Secondo ynet è stato il sindaco di Gerusalemme Moshe Lion a chiedere a Yosef e agli altri rabbini di intervenire. E di farlo rivolgendosi, usando i sottotitoli tradotti, al mondo arabofono. L’obiettivo di Lion, scrive il sito israeliano, è «placare le preoccupazioni dell’opinione pubblica araba per i cambiamenti del delicato status quo sul Monte del Tempio».
(Foto Minhelet Har HaBayit)