ISRAELE – Incitamento alla violenza: il cantante Eyal Golan sotto indagine
«Il sole splenderà presto, conosceremo giorni migliori».
Rilasciata pochi giorni dopo i massacri di Hamas, la canzone Am Israel Chai di Eyal Golan è diventata un simbolo del 7 ottobre e dell’unità del popolo ebraico da Israele alla Diaspora. «Il popolo eterno non ha mai paura», canta Golan. «Anche quando è difficile da vedere, siamo tutti insieme».
Da allora Am Israel Chai ha fatto il giro del mondo. È stata suonata a Times Square, nel cuore di New York, ed è stata e continua a essere il sottofondo a eventi di sensibilizzazione sugli ostaggi nelle sinagoghe e nei centri comunitari. Musica orecchiabile e parole ben centrate sono le possibili ragioni del successo del brano del 53enne artista, molto noto in Israele, dove è uno dei punti di riferimento della cultura mizrachi.
Dove il cantante ha fatto meno attenzione alle parole è stato fuori dalla sala di registrazione, in controverse dichiarazioni riferite dall’emittente Kan in cui si sarebbe augurato la «cancellazione» di Gaza e dei suoi abitanti, definiti con sprezzo «animali». Quelle parole potrebbero costargli caro perché, la notizia è di queste ore, il procuratore di Stato israeliano Amit Aisman ha raccomandato l’apertura di un’indagine penale contro Golan, con l’ipotesi che con il suo comportamento abbia esortato alla violenza. Secondo Kan analoga iniziativa potrebbe essere intrapresa contro il suo collega Kobi Peretz, simbolo anche lui del mondo mizrachi, che aveva detto di sperare nel rogo di ogni villaggio gazawi.
Il caso sta scaldando gli animi. Al fianco di Golan si è schierato il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, leader del partito di estrema destra Otzma Yehudit, che ha accusato il procuratore di agire contro gli interessi di Israele e chiesto le sue dimissioni, annunciando di voler sottoporre il tema alla prossima riunione di gabinetto del governo. Ben Gvir non è uno spettatore disinteressato: in luglio Aisman ha sostenuto la necessità di investigare il ministro stesso per incitamento all’odio.