USA – L’ultimo obiettivo di Biden: la tregua tra Israele e Hamas

Mancano cinque mesi alla fine del mandato presidenziale di Joe Biden. Cinque mesi in cui, in politica estera, la priorità sarà arrivare a una tregua a Gaza in cambio del rilascio degli ostaggi israeliani. «Continueremo a lavorare per riportare a casa gli ostaggi, per porre fine alla guerra a Gaza e per portare pace e sicurezza in Medio Oriente», ha affermato Biden nel primo giorno della Convention democratica a Chicago. Dal palco il presidente ha tirato le fila del suo mandato ed elencato i risultati ottenuti. Quando ha toccato il tema della guerra tra Israele e Hamas, non ha citato direttamente lo stato ebraico. A differenza di altre occasioni pubbliche, non ha richiamato il suo pluridecennale sostegno a Israele (si è più volte definito un «sionista»). Si è limitato a citare l’impegno per restituire alle famiglie gli israeliani rapiti e per alleviare le sofferenze dei civili palestinesi. Riferendosi poi alle manifestazioni pro palestinesi organizzate per le strade di Chicago, ha affermato: «Quei manifestanti in strada non hanno tutti i torti. Molte persone innocenti vengono uccise, da entrambe le parti».
Dall’altro lato, sottolinea la stampa ebraica americana, il sostegno a Israele della leadership democratica è rimasto intatto. La Convention ha approvato senza difficoltà la piattaforma politica presentata da Biden e dalla sua vicepresidente Kamala Harris. Un programma che, scrive il Forward, «include un ampio sostegno a Israele e al suo diritto di difendersi, la promessa di continuare a fornire aiuti militari, il sostegno all’accordo sugli ostaggi e al cessate il fuoco, nonché il sostegno all’idea di una soluzione a due Stati e l’invito a non danneggiare i civili». Secondo il media ebraico, è la dimostrazione di come Harris, candidata democratica per la Casa Bianca alle elezioni di novembre, non si discosterà dalle politiche di questa amministrazione in Medio Oriente.
Anche le temute contestazioni di piazza a Chicago per la gestione di Washington del conflitto a Gaza sono state in tono minore rispetto alle attese, sottolinea l’agenzia ebraica Jta. I partecipanti sono stati qualche migliaio e non i 20mila preventivati. «Quando un manifestante all’interno della Convention ha srotolato uno striscione con la scritta «Basta armare Israele» durante il discorso di Biden, la reazione del pubblico è stata immediata», scrive Jta. «Noi amiamo Joe», il grido che ha silenziato la protesta, con cartelli usati per coprire lo striscione contro Israele.

Il rabbino di Joe Biden

A chiudere la convention è stata la benedizione di Michael Beals, noto come «il rabbino di Biden», scrive il Forward. A spiegare la genesi di questo soprannome è stato di recente il Jerusalem Post. I due sono entrambi del Delaware e si sono incontrati per la prima volta nel 2006, a una shiva (i sette giorni di lutto previsti dalla tradizione ebraica). Nel 2009 si sono rivisti a una festa per Rosh HaShanah, il capodanno ebraico, presso la residenza dell’ora vicepresidente Biden. «Dopo aver fatto il proprio discorso, Biden chiese: ”Dov’è il mio rabbino?”. Mentre Beals si guardava intorno insieme a tutti gli altri, il vicepresidente lo fissò e dichiarò: ”Ecco il mio rabbino!”». In quel momento, racconta il Jerusalem Post, «è nato il soprannome e un rapporto unico tra i due». Al quotidiano israeliano il rabbino del Delaware ha commentato la decisione di Biden di non candidarsi per un secondo mandato. «Mentre guardo Joe allontanarsi dalla corsa, non posso fare a meno di pensare alle parole dei Salmi: ”Non mi abbandonare nel tempo della vecchiaia; non mi abbandonare quando le mie forze vengono meno”. Joe Biden può anche dimettersi, ma la sua saggezza, la sua dedizione e il suo spirito rimangono una luce guida per tutti noi. È ancora giovane nel cuore e la sua eredità durerà nel tempo», ha affermato Beals.