CALCIO – Ostrovsky: Cartellino rosso per Ramallah
Entro il 31 agosto la Fifa, il massimo organismo mondiale del calcio, dovrà esprimersi sulla «sospensione immediata» richiesta dalla federazione palestinese ai danni di quella israeliana. Non sono previsti ulteriori slittamenti del pronunciamento dopo un primo rinvio annunciato a luglio per dare più tempo ad accusa e difesa di presentare «le rispettive posizioni». Gerusalemme per la verità è già stata piuttosto esplicita: quello di Ramallah, che evoca l’accusa di genocidio a Gaza, non è altro che un «cinico tentativo» di isolare lo Stato ebraico anche nello sport.
Nell’attesa della sentenza, l’opinione del legale israeliano Arsen Ostrovsky è che per mantenere bello e pulito il calcio serva un «cartellino rosso» contro questa «campagna d’odio». Amministratore delegato dello International Legal Forum, ente che raggruppa oltre 4mila avvocati in tutto il mondo, Ostrovsky ne scrive sul Jerusalem Post, denunciando in particolare le ipocrisie del numero del calcio palestinese Jibril Rajoub.
«L’unica missione di Rajoub, la cui vita abbraccia più di cinquant’anni di politica radicale, è stata quella di glorificare il terrore, incitare alla violenza contro Israele e politicizzare lo sport internazionale, cercando di cacciare lo Stato ebraico da ogni associazione sportiva possibile», sottolinea Ostrovsky, ricordando che la sua prima condanna per terrorismo risale al 1970. L’allora 17enne Rajoub ricevette la sentenza più dura, un ergastolo, per la sua affiliazione a un gruppo terroristico armato e per aver lanciato una granata contro un veicolo dell’esercito israeliano. Dopo quindici anni in cella fu rilasciato all’interno di uno scambio di prigionieri, non tenendosi però lontano dai guai nemmeno in seguito, con tre ulteriori arresti.
Il punto, per Ostrovsky, «è che non esiste alcuna base legale per espellere Israele dalla Fifa», perché l’espulsione «non è altro che l’ultima trovata politica di Rajoub». Semmai, la Fifa «dovrebbe prendere in considerazione l’idea di vietargli permanentemente qualsiasi ruolo ufficiale nell’amministrazione del calcio» a seguito del suo coinvolgimento «in ripetuti comportamenti che promuovono razzismo, commenti sprezzanti e discriminazione».