ISRAELE – Guerra a Hamas, cruciale la rete di informatori

Le informazioni rivelate a Israele da un diciannovenne palestinese sono state decisive per eliminare Mohammed Deif, il capo militare di Hamas. Il giovane faceva da “postino”: consegnava messaggi scritti su biglietti ai membri del gruppo terroristico sparsi nel sottosuolo della Striscia di Gaza. In questo modo ha ottenuto informazioni sulla posizione di Deif, poi rivelate alle autorità israeliane, racconta sul Jewish Chronicle Elon Perry, giornalista con un passato nella Brigata Golani di Tsahal. «Questo giovane coraggioso non è più a Gaza. L’accordo con lui era che se l’operazione di assassinio fosse riuscita, sarebbe stato trasportato a spese di Israele negli Stati Uniti e gli sarebbe stato dato asilo», spiega Perry. Nell’articolo il giornalista ricostruisce come Israele abbia messo in piedi una schiera di informatori a Gaza per colpire Hamas. «Senza il loro lavoro, nessuna delle operazioni per uccidere alti funzionari del gruppo terroristico avrebbe funzionato e nessun ostaggio sarebbero stato salvato». Il caso dell’eliminazione di Deif è stato tra i più eclatanti, tanto da spingere Hamas a usare «il canale di notizie Al Jazeera per minacciare tutti gli abitanti di Gaza» dal dare informazioni a Israele.
Perry spiega brevemente come funzionano le comunicazioni tra l’informatore e le autorità israeliane. Il primo passa le informazioni ad un responsabile, cercando di evitare l’uso di telefoni o dispositivi elettronici. «Il tutto avviene sempre in una riunione in uno dei kibbutzim nel sud di Israele, vicino al confine con Gaza». Solo in casi eccezionali si possono usare telefoni o apparecchi di comunicazione: quando l’informazione è “scottante”, ovvero deve essere data immediatamente. È il caso di un alto esponente di Hamas che si reca in un posto solo per qualche ora o di indicazioni sulla presenza di ostaggi in un luogo da cui presto saranno trasferiti. «Se viene usato un telefono, sarà il numero di un cittadino arabo israeliano. La persona che riceve la chiamata potrebbe fingere, ad esempio, di essere la zia dell’informatore, interessata alla situazione a Gaza. Questa ”zia” in realtà è un agente dell’intelligence israeliana».

Il reclutamento

Reclutare un informatore è un processo lungo e complesso, sottolinea Perry. Si fa leva sulle necessità e i desideri delle persone: dal denaro ai permessi d’ingresso in Israele o di cure mediche per i parenti, fino all’ambizione di giocare un ruolo nel conflitto.
Il Jewish Chronicle fa alcuni esempi di casi di informatori. Uno, si legge, dopo aver partecipato alla costruzione dei tunnel di Hamas, ha fornito allo Shin Bet alcune mappe che ricostruiscono la rete sotterranea, la lunghezza dei cunicoli e la loro posizione. «Centinaia di cittadini gazawi sono stati reclutati dallo Shin Beit e le loro informazioni stanno dando frutti impressionanti. E più i gazawi vedono il successo delle operazioni israeliane, più sono disposti a collaborare». Secondo Perry nel corso degli anni, dopo essere stati scoperti, migliaia di collaboratori sono fuggiti da Gaza e dalla Cisgiordania e ora vivono in Israele. Tra loro i dodici gazawi coinvolti nel salvataggio a inizio giugno di quattro ostaggi. «Oggi godono della cittadinanza israeliana e di un assegno mensile di sussistenza finché non si integreranno nel mercato del lavoro. Uno dei membri della famiglia, un ragazzo di dodici anni, sta attualmente ricevendo in Israele cure mediche, a carico dello stato, per il suo cancro».
Contro la rete di informatori, spiega Perry, Hamas sta prendendo misure precauzionali estreme: arresti, indagini, divieto ai comandanti di incontrare membri della propria famiglia. Del resto Yahya Sinwar, ideatore dei massacri del 7 ottobre e capo di Hamas, si è occupato a lungo di trovare e torturare le «spie interne». Questo, conclude il giornalista del Jewish Chronicle, non ha impedito il proliferare di una rete di informatori. Asset «vitale» per Israele.