CULTURA – Un viaggio tra i tesori ebraici della Palatina

La Biblioteca Palatina di Parma, una delle più importanti del paese, conserva tra gli altri un tesoro: oltre 1.600 manoscritti ebraici che partono dal Medioevo e arrivano fino all’Ottocento, la gran parte provenienti dalla collezione privata del prete e biblista Giovanni Bernardo De Rossi (1742-1831), poi acquisita nel 1816 dalla duchessa Maria Luigia di Parma. Grazie a un accordo stipulato nel 2013 con la Biblioteca Nazionale d’Israele, la collezione De Rossi è a disposizione online degli studiosi di tutto il mondo e più di recente è stata inglobata nel progetto per la catalogazione dei libri ebraici ITALYA Books, il cui ente capofila è l’Ucei.
Elizabeth Finkel in una testimonianza sul sito di The Jewish Independent, organo di informazione ebraico in lingua inglese, racconta una sua visita alla Palatina nel solco del celebre “yiddishista” Max Weinreich (1894-1969) che qui trascorse un periodo di studio all’inizio degli anni Venti del secolo scorso. Finkel elabora in particolare le sensazioni uniche e irripetibili di osservare con i propri occhi questo patrimonio e alcuni suoi pezzi di valore storico e simbolico. Come un antico codice contenente la Mishnah, realizzato nel 1073 nell’Italia meridionale, verosimilmente a Otranto.
La Palatina «è un tempio del sapere», annota entusiasta l’autrice, studiosa dello yiddish a sua volta, descrivendo l’emozione di trovarsi a confronto con una collezione di così significativa importanza per i cultori della materia. E in particolare con quella storica Mishnah a tema agricolo mostratale dalla catalogatrice Roberta Tonnarelli, che diventa per Finkel una porta d’accesso a un mondo, quello dell’ebraismo italiano, fatto di luoghi sia fisici che letterari. Come il Ghetto di Venezia fondato nel 1516, il primo ghetto della storia, «dove fu pubblicata la prima copia stampata del Talmud». Ma anche, ricorda Finkel, la città in cui operò il poeta e grammatico di origine tedesca Elia Levita. Trasferitosi prima a Padova e poi in Laguna, fu autore nel 1508 del Bova Bukh, considerato il più popolare romanzo cavalleresco mai scritto in yiddish.
Finkel cita il museo ebraico di Soragna dove Tonnarelli opera, gestito dalla Comunità di Parma e intitolato al suo ex presidente Fausto Levi che ne fu anima e fondatore. Il museo custodisce la memoria di alcune comunità scomparse del territorio come Busseto, Fiorenzuola, Cortemaggiore e Monticelli D’Ongina. Nell’adiacente sinagoga sono inoltre esposti otto contratti matrimoniali (ketubbot), uno con i ritratti di Vittorio Emanuele II, Giuseppe Garibaldi e Camillo Benso di Cavour. Tangibile conferma, tra tante possibili, dell’adesione ebraica al Risorgimento.