SHIRIM – Non coltivare il dolore

Ci sono pietre come anime.
Rabbi Nachman

A voi che costruite la nuova casa

Quando costruisci di nuovo le tue pareti –
la stufa, posto per dormire, tavolo e sedia –
non appendere le tue lacrime per loro, quelli che se ne sono andati

Che non abiteranno più con te
Alla pietra
Non appenderle al legno –
altrimenti il pianto entrerà nel tuo sonno,
il sonno breve, che ancora ti tocca.

Non sospirare quando sistemi il lenzuolo
o i tuoi sogni si mescoleranno
al sudore dei morti.

Ah, le pareti e gli oggetti sono
sensibili come arpe a vento
e come un campo in cui cresce il dolore,
e sentono in te familiarità con la polvere.

Costruisci, quando scorre la clessidra,
ma non piangere via i minuti
insieme alla polvere
che copre la luce.

Proponiamo per Shirim un testo struggente di Nelly Sachs (Berlino, 10 dicembre 1891 – Stoccolma, 12 maggio 1970) dal libro Negli appartamenti della morte (a cura di Matthias Weichelt, ed. italiana a cura di Anna Ruchat, Giuntina, Firenze 2024).
Il testo, preceduto da una citazione di Rabbi Nachman “ci sono pietre come anime”, prelude ai versi che verranno, dirigendo l’attenzione sull’insospettata capacità degli oggetti inanimati di custodire spiriti e storie.
Quando ci si appresta a dare forma a una dimora che sia stata scelta per divenire nel tempo scrigno di vite e di memorie, accade che si abbia in cuore una speciale tasca ricolma degli affetti più cari. Talvolta questi appartengono ai regni insondabili dell’altrove, se ne porta l’invisibile marchio, lo si sente pulsare come un unico infinito sangue che trascende cielo e terra e s’infonde, per vie misteriose, negli incavi degli occhi, nelle nebbie fitte dei mattini.
E si va per il mondo scordandosene, prendendo talvolta le distanze per sfuggirgli come a un giogo o a una maledizione. Ma ciò che invero pregna l’essenza intima che impastò ciò che siamo permane nei sotterranei solchi dell’essere, ristà nelle pietre delle case che si abitano, nell’incedere uguale, cadenzato, nel calpestio, nel fiato, nella predilezione antica, nel tocco delle nostre dita.
La stufa, il letto, il desco, diuturni compagni d’esistenza.
Il legno, materia viva che assorbe e prende, e tutto contiene dolcemente contaminandosi. La morbida stoffa resa vivente, animata dal contatto notturno dei corpi. E ogni cosa che in noi vive per l’arcana vita che le si infonde giorno dopo giorno.
Ma come reggere il fardello quando la tasca segreta sussurra terribili voci, il cuore straziato d’un soffrire che travalica generazioni d’uomini annidandosi, corporeo, in ogni anfratto dell’essere?
I versi sono un monito struggente a non prestare orecchio, a non coltivare il dolore come una malerba lasciando che cresca e penetri, infestante, nel docile legno del letto. Che abbarbichi con radici tenaci il desco novello per, infine, divorarlo.

Shirim è a cura di Mariateresa Amabile, poetessa e docente di Diritti Antichi all’Università di Salerno

(Nell’immagine, la premio Nobel per la letteratura Nelly Sachs )