ISRAELE – Lo strazio e il dolore dei parenti
Scene di dolore inconsolabile e talvolta anche recriminazione ai funerali di quattro dei sei ostaggi israeliani trucidati da Hamas. Migliaia i partecipanti a ciascuna cerimonia funebre, svoltesi tra Gerusalemme, Tel Aviv, Petah Tikva e Raanana. «Voglio concentrarmi sul tuo amore per gli altri, sul tuo amore per la vita e per la libertà, una libertà che ti è stata tolta il 7 ottobre. Crescerò i nostri figli con i tuoi valori e la tua etica», ha annunciato Michal Lobanov, la vedova del 32enne Alex, padre di due figli che non avranno suoi ricordi personali: uno di due anni, il secondo di cinque mesi nato durante la sua prigionia a Gaza. «Negli ultimi 330 giorni non ho trovato alcun motivo per sorridere. Non ho trovato niente a cui aggrapparmi né qualcuno di cui fidarmi, a parte il Signore. Eri il pilastro della casa, dei tuoi amici e anche il mio», lo straziante saluto di Aharon Danino al fratello Ori, 25 anni. «Non eri solo mia figlia, eri la mia migliore amica. Ho aspettato 330 giorni. Ero pronta ad aspettarne altri 330 affinché tu tornassi, ma viva», ha detto la madre Shirit guardando verso il feretro di sua figlia Eden Yerushalmi, 24 anni. Rina Sarusi, la madre del 27enne Almog, ha accusato il governo: «Sei stato abbandonato, un abbandono continuo durato ogni giorno, ogni ora, per 331 giorni». Secondo la donna il figlio e gli altri ostaggi sono stati sacrificati «sull’altare della “distruzione di Hamas”, sull’altare di Rafah e del corridoio Filadelfia»