ISRAELE – Ostaggi assassinati da Hamas, il paese si ferma
Le stime ufficiali parlano di circa 300mila persone scese in piazza a Tel Aviv e di 200mila nel resto del paese. Un paese lacerato e oggi anche bloccato fino alle sei del pomeriggio per via di uno sciopero generale in vigore dalle prime ore di questa mattina. Interrotti tutti i principali servizi, chiuso anche l’aeroporto Ben Gurion, che è di fatto l’unico collegamento di Israele con il resto del mondo.
È la risposta della società civile all’assassinio dei sei ostaggi israeliani uccisi a sangue freddo da Hamas, con uno o più colpi alla testa. Ed è anche un nuovo tentativo per mettere pressione al governo affinché raggiunga un accordo per la liberazione di chi ancora può essere salvato.
Quando nella giornata di ieri si è saputo che Hersh Goldberg-Polin, Eden Yerushalmi, Ori Danino, Alex Lubnov, Carmel Gat e Almog Sarusi non erano più tra i vivi, trucidati da Hamas sotto la sabbia di Rafah, tutta Israele si è ritrovata scossa da emozioni laceranti: dolore, sgomento e in molti casi rabbia. Lo si è visto anche nel quadro delle contestazioni anti-governative di queste ore, con numerosi arresti da parte delle forze di polizia.
«Adesso, adesso», ha gridato la folla alla manifestazione di Tel Aviv, invocando un accordo che possa riportare a casa al più presto chi dal 7 ottobre vive l’orrore della prigionia nei tunnel di Gaza, con la consapevolezza che per molti di loro non c’è già più niente da fare. «Li vogliamo indietro, vivi». Sul palco sei bare imbandierate come quelle deposte poche ore prima nella terra dei cimiteri israeliani con dentro i corpi degli ostaggi uccisi. Sogni e speranze per sempre infranti, in una giornata segnata dal dolore inconsolabile e dallo strazio dei parenti.