LIBRI – Il diario di Forti Lombroso, un’indagine sull’animo umano

Silvia Forti Lombroso pensava di chiudere il suo libro-diario il 25 luglio del 1943. La caduta del fascismo doveva essere l’ultimo capitolo della sua testimonianza di ebrea italiana perseguitata. E invece le pagine continueranno a essere riempite per altri due anni fino all’attesa Liberazione dell’Italia. O meglio di Roma. Il suo scritto viene pubblicato per la prima volta nella primavera del 1945, a guerra ancora in corso. È la casa editrice Dalmatia a darlo alle stampe con l’emblematico titolo Si può stampare: un messaggio di speranza e consapevolezza dopo un ventennio di censure fasciste. «È un libro autobiografico in cui l’autrice racconta le difficoltà e sofferenze patite dalla sua famiglia, ma è anche una fotografia disincantata dell’Italia di quegli anni», racconta Alessandra Borgese, responsabile della biblioteca della Fondazione Cdec. La prima edizione di Si può stampare è tra i volumi consultabili nella biblioteca, così come la sua ristampa in versione anastatica nella collana Scale Matte delle edizioni Il Prato, curata dal Cdec e dalla Comunità ebraica di Venezia.
«Forti Lombroso scrive il diario per se stessa, ma è un’opera utile per capire il nostro paese e le sue storture», sottolinea Borgese. Ad esempio per ricordare l’indifferenza codarda della maggioranza degli italiani di fronte alle leggi razziali. L’8 ottobre 1938, pochi giorni dopo la loro promulgazione, nel diario si racconta dell’incontro con i vicini di casa a Genova. Forti Lombroso sta vendendo alcuni dei suoi averi perché vede addensarsi le nuvole di un futuro sempre più fosco. I vicini, marito e moglie, provano ad approfittarne. «La moglie prende un’aria contrita, metà condoglianza, metà commiserazione che nasconde l’ansia astuta di fare un buon affare; le dispiace proprio… ma chi l’avrebbe mai pensato… ma son cose che passano… bisogna farsi forza…; intanto loro prenderebbero questo e questo e questo – Enumera le cose, offre il prezzo; meno di un terzo di quello segnato sulla lista», racconta Forti Lombroso, dipingendo perfettamente il cinismo dei vicini, a cui non venderà nulla. «“Questi ebrei, che arie! Niente riesce ad umiliarli!” – Ma questi altri, – dite voi – che brava gente, e niente affaristi…; si accontentano di andare un po’ a caccia, quando capita, quando hanno speranza di far come i corvi, e disputarsi a pezzi i resti di un cadavere», conclude la scrittrice. Un piccolo spaccato di umanità, abilmente ritratto, come accade, in positivo e in negativo, lungo tutto un libro ancora molto attuale.