7 OTTOBRE – Le scuse di Herzog agli ostaggi: Non vi abbiamo protetti

«Hersh, ti chiedo perdono a nome dello Stato di Israele per non essere riusciti a riportarti in patria sano e salvo e per non aver saputo proteggerti».
Il volto di Isaac Herzog è tirato, la voce si spezza. L’undicesimo presidente dello Stato ebraico ha scelto il funerale del 23enne Hersh Goldberg-Polin, uno dei sei ostaggi ritrovati cadavere dall’esercito, per esprimere un dolore che non è soltanto il suo ma di un intero paese. Migliaia al suo fianco le persone affluite a Gerusalemme per l’ultimo saluto al giovane israelo-americano che amava la vita e viaggiare. Scene analoghe si sono viste in tutta Israele per i funerali degli altri cinque ostaggi assassinati: Eden Yerushalmi, Ori Danino, Alex Lubnov, Carmel Gat e Almog Sarusi.
Il lutto delle famiglie, in queste cerimonie, è così diventato il lutto di tutti. E un cuore già rotto «è andato in mille pezzi», come ha detto Herzog riferendosi alle sei vite annientate nei tunnel del terrore di Hamas. Pensando a chi è ancora lì prigioniero da quasi un anno resta un compito «urgente e immediato» da assolvere, ha poi incalzato il capo dello Stato. E cioè fare tutto il possibile per «salvare coloro che possono ancora essere salvati». Una missione che «non è un obiettivo politico e nemmeno deve diventare una disputa politica», ha sottolineato Herzog con un riferimento al clima incandescente di queste ore. Piuttosto, ha proseguito, «è un dovere morale, ebraico e umano supremo dello Stato di Israele nei confronti dei suoi cittadini» e «noi non abbiamo adempiuto a questo dovere». Naturalmente, ha concluso Herzog, «non dimentichiamo neanche per un momento gli spregevoli assassini che hanno massacrato te, Hersh, i tuoi amici, le nostre sorelle e i nostri fratelli». Anche in questo caso «la missione è chiara e vincolante: continuare a combattere senza sosta contro un’organizzazione terroristica e omicida quale è Hamas».