«Io non sono ebreo»

Io non sono ebreo. Non solo non sono ebreo ma non so praticamente nulla di ebraismo. Da qualche anno però, e soprattutto dall’infausta data del 7 ottobre 2023, io mi ritrovo con l’elmetto in testa a combattere a fianco degli ebrei. Di Israele, certo, che conosco bene, per averne studiato la storia, la nascita, il sogno come rifugio a secoli di persecuzioni e offese, ma anche per averlo visitato più volte, pensando ogni volta che se vi è un luogo che assomma su di sé i principi chiave della civiltà cui appartengo – libero pensiero, ricerca, tensione evolutiva, energia dell’operosità, valorizzazione della donna, libera espressione, anche sessuale, democrazia – quello è Israele. Dal 7 ottobre mi ritrovo a non passare giorno senza che qualcosa in me non urli la sua rabbia, la sua incredulità. Sì, è soprattutto incredulità. Non posso credere a ciò che vedo. Un paese magnifico nato sull’esigenza di sicurezza che viene dritto dalla più grande mostruosità del ‘900 – la Shoah, un genocidio vero – e sulla falsariga dei grandi moti di liberazione che hanno permesso a molti popoli di riappropriarsi territorialmente delle proprie radici (come il risorgimento italiano; il Sionismo per gli ebrei), che nel caso di Israele sono millenarie, viene un giorno, l’ennesimo, attaccato nel modo più barbaro che si possa immaginare e con l’intento dichiarato, per l’ennesima volta in decenni, della sua distruzione. Il 7 ottobre. Un orrore inenarrabile. Perpetrato da chi non ha mai accettato la presenza ebraica in territorio…ebraico. E dietro al quale vi è la totale negazione dei principi, dei valori, di cui sopra parlavo. E allora io ho immaginato. Ho immaginato la sollevazione e lo sdegno dell’intera comunità occidentale a far da scudo, non al corpo degli ebrei, non solo, ma al loro stesso corpo, fisico, simbolico, culturale. E l’ho poi vista davvero quella sollevazione. Ma le bandiere non erano quelle bianco-azzurre con la stella di David in mezzo. No, erano quelle della Palestina. Erano quelle di Hamas che è dietro quel nome. E con dietro ancora l’Iran degli ayatollah e la Russia di Putin. Sono tutti compagni di merende che sognano “un mondo nuovo”. Sono rimasto scon-
certato. Ma non era ancora nulla. Perché poi ho visto non solo ragazzi la cui ignoranza storica era evidente (pur in quella tensione etico-antagonista-rivoluzionaria che è consustanziale a una certa fase anagrafica), ma un’intera classe di intellettuali, artisti, scrittori, cantanti, prendere posizione contro Israele, contro “il sionismo”. Pro-Palestina. Perché? Perché Israele si sta macchiando di una colpa imperdonabile: quella di non voler soccombere, sparire, vedere i suoi cittadini e la sua stessa esistenza costantemente sotto minaccia. E tutto quello che io avevo maturato, attorno allo studio dei fatti storici, attorno a un nucleo di valori per me sacri, intoccabili, attorno al cuore stesso della nostra civiltà, non valeva più nulla. Niente. Il ribaltamento concettuale, la degradazione della narrazione storica e la mistificazione linguistica hanno preso la scena su quasi tutti i media. La narrazione era tornata ad essere la stessa dell’Urss e di quell’ufficio di Ceausescu dove “Il popolo palestinese” fu inventato e il suo “capo” proclamato: un egiziano. L’ebreo era tornato ad essere l’ebreo di 75 anni fa. Circondato dal silenzio dei tanti “equidistanti” e “pacifisti”. Mi ero sempre chiesto come fosse stato possibile che quanto accaduto 75 anni fa potesse riaccadere. Oggi so la risposta: così. Così come vedo oggi. La figlia di una mia conoscente ebrea non riesce a festeggiare il suo matrimonio perché tre sale di ricevimento di fila le hanno detto che non fanno eventi per gli ebrei. Oggi rappresentanti della classe di cui sopra decidono chi possa o non possa parlare in una università e cosa è lecito dire. Sono studenti progressisti, “antifascisti”, di sinistra. Hanno buoni maestri, che parlano ogni giorno in tivù. Oggi il senato accademico dell’Università di Torino, tirato da quegli studenti e da quei buoni maestri, ha deciso di bloccare il bando per la cooperazione scientifica con le università israeliane. Dove è la scienza più avanzata. Bisogna essere dementi. Lo faranno con le università di Hamas, il bando di ricerca. Sul Corano e la sharia. Viva l’evoluzione. No. Io non sono ebreo. Eppure ho su l’elmetto al fianco della magnifica Israele. Perché? Perché l’ottusità mi ammorba, perché sono cresciuto nella celebrazione della vita e della libertà. Perché credo nella civiltà che mi ha partorito.
Perché Israele sono io. E soprattutto non voglio essere complice di un suicidio».

Gianfranco Damico